A Gaeta il 25 aprile 2025 tra memoria, silenzio e rispetto: il sindaco ordina bandiere a mezz’asta per la morte del Papa

A Gaeta il 25 aprile 2025 tra memoria, silenzio e rispetto: il sindaco ordina bandiere a mezz’asta per la morte del Papa

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In piazza XIX Maggio, cuore civile della città, si è tenuta ieri mattina la cerimonia per la Festa della Liberazione, in un clima segnato da commozione e raccoglimento. La città ha ricordato quel 25 aprile che nel 1945 segnò la fine dell’occupazione nazifascista, ma anche il 19 maggio del ’44, quando furono i militari statunitensi a entrare per primi a Gaeta, liberandola. E proprio in segno di quel legame storico, all’alzabandiera sono stati issati due vessilli, uno italiano e uno americano. Entrambi, però, sono rimasti a mezz’asta.

Le bandiere calate per lutto: Gaeta si ferma per Papa Francesco

La decisione è stata presa direttamente dal sindaco, che ha voluto esprimere così il cordoglio della città per la morte di Papa Francesco. Un gesto semplice, ma denso di significato, che ha accompagnato tutta la cerimonia. “Con lui se ne va una delle voci più forti del nostro tempo”, ha detto, parlando piano, davanti a una piazza piena ma silenziosa. Poi ha invitato i presenti a osservare un minuto di silenzio, non solo come forma di rispetto, ma come modo per restare uniti in un momento che ha colpito milioni di persone, credenti e non.

C’erano i militari della base logistica americana, c’erano rappresentanti delle forze dell’ordine, c’era il vescovo, c’erano studenti, insegnanti, tanti cittadini. Tutti fermi, per un lungo istante, con lo sguardo basso e le mani intrecciate.

Subito dopo, la cerimonia si è spostata in piazza Monsignor Di Liegro, davanti al monumento ai caduti. Il primo cittadino, accompagnato dalla comandante della Polizia Locale e dal comandante del distaccamento americano, ha deposto una corona di alloro. A benedirla è stato l’arcivescovo della città. Una preghiera breve, quasi un sussurro. Poi di nuovo silenzio.

Il sindaco ha preso la parola poco dopo. Nessun discorso solenne, solo un pensiero diretto e chiaro: “Il 25 aprile è la data in cui l’Italia ha ritrovato sé stessa. È la fine della guerra. È la seconda caduta del fascismo, dopo quella del luglio ’43. È la scelta di un popolo che ha detto no alla dittatura. È la memoria di chi ha combattuto, di chi ha resistito, di chi non c’è più”.

Il tono era fermo, ma si sentiva la fatica nel pronunciare certe parole. Parlava di gente comune, di giovani, di madri, di soldati. Di chi ha lasciato tutto e non è tornato.

Un legame che resta, tra passato e presente

In mezzo alla piazza, tra le bandiere abbassate e le divise, c’erano anche volti emozionati, visi segnati dagli anni. Alcuni ricordavano quei giorni. Altri li hanno solo sentiti raccontare. Eppure, ieri mattina, sembrava che la memoria fosse qualcosa di vivo, che passava tra le mani e gli sguardi, da una generazione all’altra.

Il senso di quella cerimonia era tutto lì: ricordare senza retorica, stare in silenzio quando serve, scegliere da che parte stare anche oggi. Gaeta lo ha fatto così, senza proclami, con il rispetto che si deve ai morti e alla storia. E con un pensiero, più forte di tutto, rivolto a chi ha creduto – e crede ancora – nella libertà.

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