A Milano, la comunità ebraica ha organizzato un momento di preghiera carico di emozione, dedicato agli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e ai due fratellini Bibas, restituiti senza vita nelle scorse settimane. Il rabbino capo di Milano, Rav Alfonso Arbib, ha espresso sentimenti di paura e rabbia, sottolineando come sia necessario affrontare un odio profondo e crescente che coinvolge anche l’Occidente.
L’odio profondo nel panorama attuale
Durante la cerimonia, Rav Alfonso Arbib ha denunciato una situazione di odio che non si vedeva da tempo. Ha messo in evidenza che non solo si tratta di una semplice ostilità, ma piuttosto di un sentimento che ha preso piede in diverse aree del mondo. Secondo lui, questa forma di odio sta toccando anche i luoghi più insospettabili, come Milano. Rivolgendo parole di profondo rammarico, ha affermato che è difficile reagire di fronte a una realtà di questo tipo e che le conseguenze si sentono anche nei Paesi occidentali.
Arbib ha parlato di fantasmi dimessi del passato che riemergono e di affermazioni dimenticate che tornano a circolare. La difficoltà di affrontare situazioni simili porta con sé un senso di solitudine, ma il rabbino ha esortato a combattere questo sentimento, affermando che la comunità non deve sentirsi isolata.
Il dolore degli ostaggi e la risposta della comunità
I commenti del rabbino si sono concentrati sulle terribili esperienze vissute dalle persone rapite da Hamas. La vicenda dei bambini Bibas ha colpito profondamente la comunità ebraica non solo per il dolore provocato dalla loro morte, ma anche per le storie di sofferenza che non hanno avuto modo di essere raccontate. Arbib ha stigmatizzato le azioni cruente e vergognose di Hamas, definendole insopportabili.
La tensione emotiva si è unita a una rabbia palpabile, soprattutto in relazione alle modalità in cui sono state gestite le restituzioni. Il rabbino ha sottolineato che la comunità è più che semplicemente arrabbiata per la situazione attuale. La mancanza di attenzione e sensibilità verso le vite irrimediabilmente spezzate risuona come una ferita aperta nella coscienza collettiva.
Le parole del presidente della comunità ebraica
Walker Meghnagi, presidente della comunità ebraica di Milano, ha espresso un pensiero critico sulla situazione della pace. Ha detto che, sebbene ci fossero speranze, ora sembra evidente che la concordia è lontana. Il suo appello alla comunità cristiana, in particolare a Papa Francesco, riflette la posizione di molti, desiderosi di un segnale forte di pace e unione.
Meghnagi ha elogiato il Papa come simbolo di pace, dicendo che le sue parole sono più che mai importanti in tempi di divisione e conflitto. Il richiamo alla comunità cristiana emerge come un blocco per costruire solidarietà, un valore fondamentale in momenti di crisi.
La reazione della città
Non mancano le critiche alla decisione di Giuseppe Sala, sindaco di Milano, di non illuminare il Comune in segno di lutto per la morte dei fratellini Bibas. Meghnagi ha dichiarato di essere rimasto profondamente deluso e ha chiarito che questo gesto sarebbe stato un segnale importante di sostegno da parte delle istituzioni verso chi ha sofferto.
La scelta di non celebrare un momento di lutto collettivo ha suscitato malcontento in diversi settori della comunità e ha alimentato il dialogo su quanto sia cruciale la solidarietà in un periodo carico di dolore e perdita.
Un momento di preghiera come quello di Milano è solo un passo, ma rappresenta anche un’accumulazione di richieste di pace e di giustizia in ogni angolo del mondo. La comunità ebraica, oggi più che mai, si trova a dover affrontare un clima difficoltoso mentre cerca di far sentire la propria voce e il proprio dolore.