Ariccia, borgo dei Castelli Romani sospeso tra storia e natura, conserva un’identità forte fatta di architettura barocca, paesaggi verdi e una cultura gastronomica che ruota attorno alla celebre porchetta.
Adagiata su uno sperone di tufo a oltre 400 metri d’altitudine, Ariccia si affaccia sui boschi di Monte Cavo con lo stesso sguardo fiero di un paese che ha imparato a resistere. Colpita duramente durante la Seconda Guerra Mondiale, ha saputo conservare il suo impianto urbano originario, mantenendo intatto il legame profondo con le sue radici. Qui storia, fede, natura e cibo si incontrano senza forzature, in un equilibrio raro che spiega perché, ancora oggi, il borgo sia tra i più amati dei Castelli Romani. Il centro di Ariccia ruota attorno alla Piazza di Corte, uno spazio elegante e solenne che ospita il monumentale Palazzo Chigi, tra i migliori esempi di architettura barocca italiana. A progettare la piazza fu Gian Lorenzo Bernini, che pensò l’intero complesso come un’unità armonica dove potere, culto e bellezza potessero convivere.
Accanto al palazzo si erge la Collegiata di Santa Maria Assunta in Cielo, ispirata al Pantheon di Roma: facciata con archi a tutto sesto, cupola maestosa, decorazioni barocche, affreschi e sculture firmate da Antonio Raggi. Una chiesa che non si impone, ma accoglie, e che ancora oggi rappresenta il cuore spirituale della città. Poco distante si apre il Parco Chigi, 28 ettari di verde protetto attraversato da viali antichi e querce secolari, dove sopravvive l’impronta progettuale di Bernini e Carlo Fontana. Un luogo silenzioso, perfetto per passeggiare nel verde e perdersi nel respiro lento della natura dei Castelli.
Il ponte monumentale e lo sguardo sull’infinito
Collegare Ariccia ad Albano Laziale non era solo un’esigenza pratica. Era un atto di ingegno e visione, ed è da questa ambizione che nacque il Ponte Monumentale, costruito tra il 1847 e il 1854 durante il pontificato di Pio IX. Alto 59 metri e lungo oltre 300, il ponte è un’opera solida e slanciata, formata da tre ordini di archi sovrapposti, che si è imposta come simbolo ingegneristico del territorio.

Per anni, purtroppo, è stato ricordato anche per i numerosi suicidi avvenuti lungo la sua struttura. L’intervento dell’ANAS, con l’installazione di barriere protettive, ha messo fine a quella lunga ferita urbana. Da lassù, lo sguardo si apre: da una parte i tetti in cotto di Ariccia, dall’altra il verde continuo dei colli, fino a raggiungere i laghi vulcanici in lontananza. È un punto di osservazione e allo stesso tempo una soglia, dove il paesaggio si fa memoria e ispirazione.
La porchetta e le fraschette: un’identità che si mangia
Quando si parla di Ariccia, non si può ignorare il suo legame con il cibo, e in particolare con la porchetta. Croccante fuori, morbida dentro, profumata di finocchietto e pepe, è il piatto che ha fatto la storia di questo borgo. Ogni anno a settembre le vie del centro si riempiono per la sagra della Porchetta, una festa popolare che celebra una tradizione ancora viva.
Accanto alla porchetta ci sono le fraschette, osterie rustiche dove un tempo si serviva vino dei Castelli e piatti semplici. Oggi sono diventate meta fissa per chi cerca un pasto autentico: salumi artigianali, formaggi locali, pane casereccio e vini del territorio creano un’esperienza che sa di casa, di famiglia, di cultura orale tramandata a tavola. Qui il gusto diventa racconto, e ogni boccone è un modo per restare legati a un luogo che ha scelto di non rincorrere la modernità, ma di accoglierla solo quando non cancella il passato. Ariccia non si visita soltanto. Si ascolta, si guarda, si mangia, si vive. E alla fine, si porta dentro.