Il 1° settembre ha visto la partecipazione di don Antonio Coluccia, noto per la sua lotta contro lo spaccio, a un corteo per la legalità nel Quarticciolo, un quartiere difficile situato nella periferia est di Roma. Nonostante le promesse fatte un anno fa, dopo un grave agguato a Tor Bella Monaca, il sacerdote è stato nuovamente aggredito. L’episodio ha suscitato forte indignazione e solidarietà da parte della classe politica, evidenziando le sfide che la comunità affronta nella lotta contro la criminalità.
La partecipazione di don Antonio al corteo per la legalità
Don Antonio Coluccia, un sacerdote noto per il suo impegno contro lo spaccio di droga e la mafia, ha deciso di tornare in strada per partecipare a un corteo organizzato per la legalità. La manifestazione si è svolta nel Quarticciolo, un quartiere con una reputazione difficile, dove la presenza della criminalità organizzata è ancora molto forte. L’evento mirava a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della legalità e della giustizia, sotto la guida di una figura simbolo come quella di don Coluccia.
Nonostante fosse consapevole dei rischi, il sacerdote ha voluto essere presente per sostenere i diritti dei cittadini e opporsi alla cultura della paura e dell’omertà. Purtroppo, la sua partecipazione si è trasformata in un momento di grande tensione, segnato da attacchi verbali e fisici. Molti residenti, invece di sostenere il messaggio del corteo, si sono scagliati contro di lui, urlando minacce e insulti.
L’aggressione e la risposta delle autorità
La situazione è rapidamente degenerata quando don Coluccia è stato bersagliato da una sassaiola. I membri della scorta, che erano presenti per garantire la sicurezza del sacerdote, hanno prontamente intervenuto per proteggerlo, portandolo via dalla minaccia immediata. Gli insulti e le minacce ricevute dal sacerdote, con frasi come “Non ti vogliamo!” e “Se torni ti ammazziamo!” rappresentano un preoccupante segnale della tensione esistente in questi quartieri.
La violenta aggressione ha suscitato reazioni immediate nel mondo politico. La premier Giorgia Meloni ha descritto l’accaduto come “quanto di più vigliacco possa esserci”, evidenziando la necessità di fermare la violenza contro chi si oppone al crimine. Questo episodio non solo mette a repentaglio la sicurezza del sacerdote, ma solleva anche domande più ampie sulla condizione di diritto e sicurezza nei quartieri italiani, dove la criminalità spesso si sovrappone alla vita quotidiana dei cittadini.
La solidarietà ricevuta da don Antonio
La violenza che ha subito don Antonio Coluccia ha innescato una forte onda di solidarietà bipartisan da diverse personalità politiche. Molti hanno espresso il loro sostegno attraverso dichiarazioni pubbliche e messaggi di vicinanza al sacerdote, sottolineando l’importanza del suo lavoro e della dedizione nel combattere l’illegalità. Questa reazione collettiva evidenzia non solo il forte legame che don Antonio ha costruito con la comunità locale, ma anche la visibilità dell’importanza della legalità a livello nazionale.
La solidità del supporto ricevuto, però, porta anche a riflessioni più profonde sulla sicurezza degli operatori sociali e religiosi che operano in contesti ad alto rischio. Eventi come questo devono invogliare istituzioni e cittadini a unirsi ancora di più nella lotta contro le ingiustizie sociali, creando un fronte comune per garantire la legalità e la sicurezza nei quartieri più vulnerabili.
Nonostante le aggressioni e le minacce, don Antonio Coluccia ha ribadito il suo impegno e la determinazione a non arrendersi. La sua presenza attiva nei quartieri colpiti dalla criminalità rappresenta un simbolo di speranza e resistenza per molti, dimostrando che la lotta per la legalità non è solo una questione di coscienza, ma anche di necessità sociale profonda.
Ultimo aggiornamento il 4 Settembre 2024 da Elisabetta Cina