Un’aggressione avvenuta nel carcere di Prato ha destato preoccupazione tra i rappresentanti del personale penitenziario. Giovedì 20 marzo, un agente è stato aggredito da un detenuto di origine maghrebina che ha spruzzato il contenuto di un estintore contro di lui. Questo episodio ha sollevato importanti interrogativi sulla sicurezza degli agenti e sulla gestione delle strutture penitenziarie.
L’episodio che ha scosso il carcere di Prato
L’aggressione nel penitenziario pratese ha portato il segretario regionale del Sappe, Francesco Oliviero, a denunciare la gravità della situazione. L’agente aggredito ha dovuto ricevere cure mediche urgenti con una prognosi di tre giorni. Questo non è un caso singolo; infatti, gli agenti stanno vivendo una crescente esposizione a situazioni violente all’interno delle carceri. L’uso di estintori trasformati in armi improvvisate da parte dei detenuti rappresenta un nuovo e inquietante pericolo, rendendo il lavoro quotidiano del personale sempre più rischioso.
Oliviero ha evidenziato il crescente livello di aggressività tra i detenuti e come questo stia trasformando l’attività di custodia in una professione estremamente pericolosa. La paura di non rientrare a casa dopo il turno di lavoro è divenuta una costante tra gli agenti di polizia penitenziaria.
Gravità della situazione e assenza di leadership
Il Sappe punta il dito contro l’assenza di una figura di comando stabile nel carcere di Prato. Da tempo, la struttura è priva di un direttore e di un comandante titolari, una mancanza che complica notevolmente la gestione della sicurezza. Oliviero sottolinea come questa situazione di vuoto dirigenziale contribuisca a una sensazione di impunità fra i detenuti, che si sentono liberi di agire senza paura di conseguenze.
La mancanza di una leadership forte rende difficile mettere in atto strategie operative adatte per affrontare e contenere la violenza. La presenza di un comando autorevole è fondamentale per instaurare un clima di sicurezza e responsabilità, così come per permettere una comunicazione chiara delle direttive da seguire.
Proposte per garantire la sicurezza del personale
Per affrontare questa problematica, il Sappe ha avanzato richieste specifiche volte a migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza nel carcere di Prato. Sono necessarie maggiori risorse, strumenti di protezione adeguati e un sistema disciplinare che possa garantire una risposta efficace agli atti violenti. L’assenza di misure commisurate alle esigenze attuali ha portato a una situazione insostenibile, e il sindacato chiede interventi rapidi.
Donato Capece, segretario generale del Sappe, ha proposto l’adozione di nuove soluzioni, come l’uso di bodycam e taser, oltre alla implementazione di protocolli operativi più sicuri. Capece sostiene anche la necessità di tutele legali per il personale, suggerendo misure penali e disciplinari severe per gestire i detenuti più problematici. Come soluzione, viene suggerita l’idea di riutilizzare carceri dismesse, come quelle dell’Asinara e di Pianosa, per allocare i detenuti responsabili di gravi episodi di violenza.
L’assemblea del personale penitenziario si è riunita per discutere di questi eventi sconvolgenti e trovare modi per proteggere meglio chi lavora all’interno delle carceri. La situazione a Prato è diventata simbolo dell’urgenza di riforme nel settore penitenziario, un tema critico che merita attenzione immediata da parte delle istituzioni competenti.