Aggressioni e abusivismo a San Giovanni: il caso della troupe di Retequattro

Aggressioni e abusivismo a San Giovanni: il caso della troupe di Retequattro

Aggressione a una troupe di “Fuori dal Coro” a San Giovanni mentre indagava sull’abusivismo, sollevando interrogativi sulla gestione comunale e le promesse non mantenute riguardo alla regolarizzazione degli insediamenti.
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Aggressioni e abusivismo a San Giovanni: il caso della troupe di Retequattro - Gaeta.it

Martedì scorso, una troupe della trasmissione “Fuori dal Coro”, condotta da Mario Giordano, è stata aggredita in zona San Giovanni mentre si preparava a realizzare un servizio giornalistico. Alla guida della troupe c’era la giornalista Delia Mauro, che ha subito manifestazioni di ostilità da parte di un gruppo di sinti. Lo spiacevole episodio ha sollevato una serie di reazioni sui social, tra cui quella del consigliere comunale Massimiliano De Stefano, il quale ha espresso la sua solidarietà e sottolineato l’importanza del giornalismo d’inchiesta nell’affrontare tematiche delicate legate all’abusivismo nelle aree nomadi.

Le dinamiche dell’abusivismo a San Giovanni

Il programma “Fuori dal Coro” è attualmente impegnato a indagare su un’area di oltre 5000 metri quadrati situata lungo la strada vicinale Cascine Forneris, non lontano da via Bollengo e dalla pista di atletica. Questa zona, un tempo destinata a sosta temporanea per i nomadi, oggi ha subito una trasformazione radicale, trasformandosi in un vero e proprio quartiere residenziale incomprensibilmente classificato nel piano regolatore dell’architetto Giancarlo Paglia.

L’area si presenta ora con villette unifamiliari e bifamiliari affiancate a roulotte e caravan, mentre il consumo di suolo e la costruzione di strutture abusive sono avvenuti senza che l’Amministrazione comunale intervenisse. La situazione creatasi ha sollevato interrogativi su come la pubblica amministrazione gestisca e contempli il problema dell’abusivismo e della regolarizzazione degli insediamenti sul territorio.

Le responsabilità del Comune

L’ex sindaco Stefano Sertoli ha espresso nel 2023 i suoi timori riguardo al compito di abbattere le abitazioni abusive, affermando che senza un esproprio ufficiale le strutture sarebbero rimaste intatte. La questione è complessa, mostrando la difficoltà dell’Amministrazione comunale nel trovare soluzioni efficaci per un problema di lunga data. Il terreno è di proprietà di Giovanni Gaida, il quale ha visto la propria eredità trasformarsi in un pesante onere senza che l’Amministrazione prendesse misure concrete a riguardo.

Già nel 2000, un rapporto stilato da tecnici dell’ARPA documentava chiaramente abusi edilizi, testimonianze e violazioni normativo-urbanistiche. La sentenza del 30 dicembre 2003, che sanzionava il Comune di Ivrea per negligenza in tema di gestione del patrimonio immobiliare, non ha portato a interventi decisivi. L’amministrazione, in diverse occasioni, ha evitato di risolvere il problema con l’ausilio di condanne o azioni dirette.

Una saga di inottemperanza e promesse mancate

Il Tar, nel 2005, ordinò la demolizione delle costruzioni abusive, ma il rimando di responsabilità ha complicato ulteriormente la situazione. Ciò che emerge è un’amministrazione che sembra timorosa di affrontare il problema, demandando al proprietario il compito di risolverlo e invocando la sua responsabilità come se fosse possibile per il singolo cittadino affrontare una questione di così ampia portata.

Nel corso degli anni, molteplici amministratori hanno promesso di risolvere la questione, senza mai giungere a risultati concreti. Il terreno, oggi diventato invendibile, ha visto nel 2002 un cambiamento di destinazione urbanistica da agricola a servizi per il campo nomadi, complicando ulteriormente la posizione di Gaida e della sua famiglia.

Una lettera del 2018, firmata dall’ex responsabile dell’Ufficio Tecnico, informava i Gaida delle procedure per l’esproprio, senza però mai concretizzarsi in azioni reali. Quando la nuova amministrazione ha preso possesso dell’incarico, ha comunicato ai Gaida che i requisiti per avviare il processo di esproprio non erano stati completati dalle precedenti gestioni.

Verso un possibile futuro

Il nodo fondamentale rimane non risolto: come procedere per liberare il terreno dall’abusivismo? Dalle testimonianze e dai documenti emerge che la possibilità di esproprio rappresenta l’unica opzione praticabile. Resta da vedere se l’Amministrazione comunale avrà finalmente il coraggio di assumere un ruolo attivo nella risoluzione del problema, garantendo ai cittadini la sicurezza e i diritti che meritano. Con il progredire degli eventi, la comunità attende risposte chiare e una gestione responsabile delle questioni urbanistiche, che possano finalmente porre termine a un’odissea che dura da troppo tempo.

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