Un film che riporta in vita una delle figure più emblematiche della musica popolare siciliana. ‘L’amore che ho‘, presentato nella sezione Zibaldone del 42° Torino Film Festival, narra la vita di Rosa Balistreri, una artista che ha saputo integrare la sua arte con una forte lotta sociale. La pellicola è liberamente ispirata dall’omonimo romanzo di Luca Torregrossa, nipote dell’artista, e si propone di esplorare non solo il suo percorso musicale ma anche le sfide personali che ha affrontato.
La trama e il team creativo
Il film, diretto da Paolo Licata, si avvale di una sceneggiatura co-scritta da Maurizio Quagliana, Heidrun Schleef e Antonio Guadalupi. La struttura narrativa segue Rosa Balistreri attraverso le varie fasi della sua vita, rappresentata da quattro talentuose attrici: Lucia Sardo, Donatella Finocchiaro, Anita Pomario e Martina Ziami. Questa scelta permette di immergersi nelle diverse epoche della vita di Balistreri, mostrando un personaggio complesso e sfaccettato.
Nel 1990, Rosa si trova al culmine della sua carriera, ma la sua vita è segnata da conflitti interni, in particolare il tentativo di ristabilire un rapporto con la figlia. Il film offre uno spaccato della sua esistenza, mostrando come i ricordi del passato, spesso dolorosi, influenzino le sue scelte e il suo approccio alla vita. La lotta per i diritti dei lavoratori, l’impegno contro la mafia e il sostegno all’emancipazione femminile sono temi centrali che emergono nel racconto, rivelando una donna che, pur tra le difficoltà, non ha mai smesso di alzare la voce.
Rosa Balistreri: simbolo di una lotta
Nata in un periodo storico turbolento, Rosa Balistreri è stata più di una semplice cantautrice: è diventata un simbolo vivente della cultura del Mezzogiorno d’Italia. La sua musica oltrepassava i confini del palcoscenico, facendo eco a battaglie sociali e politiche. Attraverso le sue canzoni e il suo attivismo, ha affrontato le ingiustizie subite dai più vulnerabili, affermando con decisione il diritto di ogni individuo a una vita dignitosa.
Rosa ha intrecciato la sua arte alla cultura italiana contemporanea, instaurando relazioni con figure come Dario Fo, Andrea Camilleri, Franca Rame e Renato Guttuso, ampliando la sua influenza e il suo raggio d’azione. Tali connessioni artistiche non solo hanno arricchito il suo percorso professionale, ma hanno anche contribuito a diffondere un messaggio di resistenza e speranza al di fuori dei confini dell’isola.
Il film non si limita a narrare il successo musicale, ma svela anche le lotte private di una donna che si è battuta per i diritti delle donne e dei lavoratori, vivendone le conseguenze in prima persona. Ciò rende la sua storia non solo di interesse culturale, ma di grande rilevanza sociale, enfatizzando l’eredità che ha lasciato e la sua attuale influenza.
Un film di grande valore culturale
‘L’amore che ho‘ non è solo un omaggio a Rosa Balistreri, ma un’importante ricostruzione culturale. Attraverso il racconto della sua vita, il film stimola una riflessione sul ruolo delle donne nella musica e nella società, nonché sull’importanza di preservare la memoria storica di figure che hanno contribuito a definire l’identità culturale italiana.
La scelta di approfondire la personalità e le battaglie di Balistreri potrebbe alimentare il dibattito su tematiche ancora attuali, come l’emancipazione e la lotta per i diritti civili. ‘L’amore che ho‘ si propone pertanto come uno strumento di sensibilizzazione e consapevolezza, evidenziando la necessità di riconoscere e sostenere coloro che continuano a combattere per un mondo migliore.
Con questo film, il Torino Film Festival si conferma come una piattaforma di grande importanza per portare alla luce storie significative, ricordando al pubblico l’eredità indelebile di artisti come Rosa Balistreri.
Ultimo aggiornamento il 27 Novembre 2024 da Elisabetta Cina