Oggi ha preso il via la decima edizione di StatisticAll, il Festival della Statistica e della Demografia, un’importante manifestazione eurocentrica patrocinata dalla Commissione Europea e realizzata in collaborazione con il Parlamento Europeo. L’argomento principe di quest’anno è “Statistiche senza frontiere. Fiducia, etica, sistema: il futuro dei dati in Europa”, che sarà esplorato attraverso eventi e discussioni nei prossimi quattro giorni. In particolare, si pone l’accento sulle migrazioni, sulle differenze regionali in Europa e sulle politiche di coesione, con esperti provenienti da vari settori chiamati a confrontarsi su temi cruciali per il futuro dell’Unione.
Le migrazioni giovanili in Europa: esperienze e sfide
Durante la sessione d’apertura, intitolata “Generazione Erasmus o fuga di cervelli? Un racconto delle migrazioni in Europa”, diversi relatori hanno esaminato il fenomeno dell’emigrazione giovanile. Delfina Licata della Fondazione Migrantes, Francesca Licari dell’ISTAT, Eleonora Voltolina del Forum Repubblica degli Stagisti e Giulia Pastorella di Azione, moderati dal giornalista economico Massimo Taddei, hanno analizzato le dinamiche delle migrazioni giovanili in Europa da due prospettive interconnesse.
Pastorella ha presentato un’interessante visione dell’emigrazione dei laureati, sottolineando che sebbene il fenomeno possa essere interpretato come un’opportunità di formazione, esso rivela anche delle difficoltà strutturali nel mercato del lavoro nostrano. Ha richiamato l’attenzione sul fatto che, nel 2021, delle 14.000 richieste inviate a organizzazioni internazionali, ben 5.000 erano italiane, evidenziando il crescente fenomeno della ricerca di opportunità professionali all’estero. Ultimamente, si registra un aumento di famiglie migranti, spesso mosse dalla ricerca di una migliore qualità della vita, maggiori retribuzioni e corsie preferenziali nella realizzazione dei propri progetti familiari.
Al contrario, Licata ha messo in dubbio il consistente uso della locuzione “fuga di cervelli”, definendola ormai desueta. Infatti, dati recenti mostrano che solo il 40% dei migranti possiede una qualifica elevata. Ciò suggerisce che una percentuale crescente di giovani meno qualificati stia cercando fortuna all’estero, incrementando le spinte migratorie legate alla ricerca di lavoro e stabilità. Questo fenomeno risulta particolarmente evidente tra i giovani italiani, che spesso non ritornano in patria, a differenza di colleghi di altri Paesi europei. La politica italiana, a detta degli esperti, mostra un’inadeguata reattività rispetto a queste problematiche.
Coesione e disparità territoriali: l’importanza delle politiche europee
Subito dopo, si è tenuto un dibattito su “Coesione, autonomie e territori: come costruire un’Europa più giusta”. Qui, esperti come Giovanni Vetritto, Roberto Samar e Massimo Armenise hanno discusso del principio fondamentale “nessuno resti indietro”, parte integrante delle politiche di coesione della UE, ritenuto unico nel suo genere nel promuovere la giustizia sociale e la riduzione delle disparità economiche e sociali.
La regione del Mezzogiorno è stata indicata come una delle più vulnerabili, con un PIL procapite pari alla metà rispetto alle regioni settentrionali e la più alta percentuale di disoccupazione. Armenise ha illustrato la vasta diversificazione delle regioni italiane, dalle metropoli alle aree rurali, mettendo in evidenza i ritmi di crescita disomogenei in tutto il continente europeo. Inoltre, i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non sembrano sufficienti a compensare le disuguaglianze storiche esistenti tra nord e sud.
L’uso di dati demografici derivanti dai censimenti emerge quindi come cruciale per le decisioni politiche locali. Questo aspetto è stato enfatizzato anche da Rosaria Amato, che ha fatto riferimento allo spopolamento delle aree interne e ai rischi legati ai tagli economici e all’incertezza dovuta all’autonomia differenziata.
Giustizia sociale e diritti umani: il ruolo dei dati
Nella sessione conclusiva della mattina, intitolata “Uguaglianze, discriminazioni e diversity policy: dati, divari e diritti”, Cristina Freguja dell’ISTAT ha delineato l’importante lavoro svolto dall’ente nel campo delle indagini sociali. Freguja ha sottolineato l’impegno dell’ISTAT nella raccolta di dati su fenomeni discriminatori per meglio comprendere e affrontare le disuguaglianze. Linda Laura Sabbadini, in qualità di Chair Women20, ha portato l’attenzione sulle sfide internazionali nel campo dei diritti delle donne, evidenziando la mancanza di iniziative concrete in molti Paesi del G20 in merito alla violenza di genere.
Agnese Canevari ha discusso del progetto di ricerca collaborativo tra UNAR e ISTAT finanziato da fondi europei, incentrato sulla discriminazione in ambito lavorativo per le persone LGBT+. Tommaso Vitale ha chiuso il dibattito illustrando le attività della Commissione Nazionale per i diritti umani in Francia, sottolineando la necessità di un monitoraggio più efficace sulle politiche di inclusione e giustizia sociale.
Sicurezza e nuove sfide per la governance europea
Il pomeriggio ha visto svolgersi un incontro dedicato alla sicurezza e alla cybersecurity dei dati. Intervenuti Giuseppe D’Acquisto del Garante per la Privacy, Stefano Marzocchi dell’Agenzia per la cybersicurezza, e Pierguido Iezzi di Tinexta Cyber, hanno dibattuto su come la digitalizzazione influisca su ogni fenomeno sociale ed economico, enfatizzando l’importanza di garantire dati sicuri e di alta qualità.
Una sessione successiva ha esaminato “I comuni nella nuova governance Europea della finanza pubblica”, evidenziando l’importanza di riforme adeguate per garantire un bilancio pubblico sostenibile. Eleonora Luciani dell’Università Ca’ Foscari Venezia ha discusso degli approcci multilivello necessari per coinvolgere tutti i soggetti istituzionali nelle decisioni economiche locali.
La giornata di lavori si è conclusa con un intervento finale discussivo intitolato “Spritz Statistico: Un’altra Europa è possibile?”, in cui Francesco Saraceno ed Elisabetta Segre si sono interrogati sulle sfide strutturali attuali dell’Europa, in particolare alla luce dei cambiamenti economici che sono emersi negli ultimi decenni. Le politiche economiche europee risalenti agli anni Novanta potrebbero non essere più adeguate per affrontare le nuove realtà globali e le sfide emergenti.