Alberto Genovese, l’ex imprenditore del web condannato a sei anni e undici mesi di reclusione per aver drogato e violentato due ragazze, sta prestando servizio come volontario in un centro per donne vittime di violenza. Questa iniziativa avviene nell’ambito di un programma di giustizia riparativa, che prevede la possibilità di lavorare all’esterno del carcere. Genovese ha ottenuto l’approvazione dal Tribunale di sorveglianza di Milano per uscire dal carcere di Bollate quattro giorni a settimana, durante i quali si dedica a progetti di supporto sociale.
L’attività di volontariato presso ‘Wall of dolls’
Un impegno nella giustizia riparativa
Genovese sta svolgendo la sua attività all’interno dell’associazione ‘Wall of dolls’, una realtà che si occupa di assistere e supportare donne che hanno subito violenza. La scelta di intraprendere questa strada potrebbe sembrare controversa, ma rientra nelle linee guida della giustizia riparativa, che mira a promuovere un percorso di redenzione e responsabilità nei confronti delle proprie azioni. Presso il centro, Genovese è coinvolto in diverse attività , cercando di contribuire a un ambiente di sostegno per le vittime.
Il percorso di recupero sociale
Il programma di volontariato offre a Genovese l’opportunità non solo di rimanere attivo durante il periodo di detenzione, ma anche di confrontarsi con le conseguenze delle sue azioni. Attraverso il lavoro con le donne assistite dall’associazione, egli spera di acquisire maggiore consapevolezza riguardo agli effetti devastanti della violenza di genere. La volontà di impegnarsi in tali attività riflette un tentativo di rielaborare il proprio passato e di assumersi la responsabilità per i reati commessi.
Il ruolo in Casa di CaritÃ
Accoglienza e supporto ai senzatetto
In aggiunta al lavoro presso ‘Wall of dolls’, Genovese dedica tre giorni alla settimana alla Casa di Carità gestita da don Virginio Colmegna. Questo centro è noto per fornire supporto e accoglienza ai senzatetto, creando un ambiente protetto per coloro che si trovano in difficoltà . Il suo ruolo all’interno di questa struttura comporta assistenza ai residenti e attività di ridistribuzione di beni di prima necessità , contribuendo così a migliorare la qualità della vita di chi vive situazioni di emarginazione.
Un inquadramento legale e sociale
L’attività di Genovese nelle due strutture riflette l’impegno delle autorità per garantire un reinserimento sociale efficace per i detenuti. Quando gli è stata concessa l’autorizzazione dal Tribunale di sorveglianza, la decisione è stata presa considerando non solo la condanna inflitta, ma anche le potenzialità di cambiamento e il rispetto delle normative vigenti in materia di giustizia. Questo approccio è parte della filosofia che regola il sistema penale italiano, in cui si cerca di promuovere la riabilitazione piuttosto che semplicemente la punizione.
Le vicissitudini di Genovese
Dalla posizione ai domiciliari al carcere
Alberto Genovese è passato da un periodo di domiciliari in una clinica per disintossicarsi dalla cocaina a un regime di detenzione in carcere. Questa transizione ha messo in luce non solo la necessità di affrontare le proprie problematiche personali, ma anche la complessità delle azioni legali intraprese dai suoi legali, Salvatore Scuto e Antonella Calcaterra. Lo scorso ottobre, un’istanza di affidamento terapeutico era stata respinta, segnando un ulteriore capitolo del suo turbolento percorso legale.
Il delicato equilibrio tra giustizia e riabilitazione
Le decisioni riguardo alla libertà limitata di Genovese sollevano interrogativi su un delicato equilibrio tra giustizia e riabilitazione. Le sue attuali attività nel settore del volontariato, sebbene controverse, sono indicative di un tentativo di recupero e di trasformazione della propria vita. Tuttavia, resta da chiarire quanto queste iniziative possano effettivamente influire sulla percezione pubblica e sulla sua futura reintegrazione nella società .
Ultimo aggiornamento il 5 Settembre 2024 da Armando Proietti