Negli ultimi anni, la consapevolezza riguardo all’uso di pesticidi in agricoltura e il loro impatto sulla salute umana è aumentata notevolmente.
Sebbene lavare la frutta sia una pratica comune per rimuovere sporco e residui chimici, recenti studi suggeriscono che questa operazione potrebbe non essere sufficiente per eliminare completamente i pesticidi. Un gruppo di ricercatori cinesi ha sviluppato un dispositivo avanzato che può rilevare la presenza di queste sostanze, anche in concentrazioni estremamente basse, rimaste sulla buccia della frutta nonostante un lavaggio accurato.
Nel frattempo, le autorità sanitarie e gli esperti di sicurezza alimentare continuano a raccomandare il lavaggio accurato della frutta e l’adozione di pratiche agricole sostenibili per ridurre al minimo l’uso di pesticidi. Mentre gli studi avanzano, è fondamentale che i consumatori siano informati sui potenziali rischi associati ai residui di pesticidi e sulle migliori pratiche per ridurre l’esposizione a queste sostanze chimiche potenzialmente nocive.
Come eliminare veramente i pesticidi dalla frutta
Il dispositivo, realizzato da scienziati delle università agricole di Anhui e Wuyi e dell’Università di Wuhan in Cina, utilizza una tecnica chiamata spettroscopia Raman migliorata da superficie (SERS). Questa tecnica si basa sull’interazione tra un raggio laser e le molecole da analizzare, producendo un effetto noto come dispersione Raman. Questo fenomeno crea una sorta di “firma molecolare” della sostanza, che viene amplificata grazie alla presenza di nanoparticelle metalliche. Tale metodo consente di rilevare quantità infinitesimali di composti chimici, rendendolo ideale per individuare i residui di pesticidi sulla frutta.
Il dispositivo stesso è una membrana flessibile e nano-strutturata, progettata per aderire a superfici curve e irregolari come quelle della buccia della frutta. Durante gli esperimenti condotti dai ricercatori, mele trattate con i pesticidi carbendazim e thiram sono state lavate e poi analizzate con il dispositivo. Nonostante il lavaggio, i pesticidi erano ancora presenti sulla buccia, dimostrando che il semplice lavare la frutta potrebbe non essere sufficiente a eliminare queste sostanze. La concentrazione minima rilevabile dal dispositivo è di 10^-9 molare, evidenziando la sua elevata sensibilità.
In un ulteriore esperimento, i ricercatori hanno rilevato pesticidi anche nella parte più esterna della polpa, sebbene solo fino a una profondità molto ridotta. Questo suggerisce che sbucciare la frutta potrebbe essere un metodo più efficace per rimuovere potenziali contaminazioni sia dalla buccia che dalla parte superficiale della polpa. “Questi risultati indicano che il semplice lavaggio potrebbe non essere sufficiente per prevenire l’ingestione di pesticidi, e che la sbucciatura potrebbe essere necessaria”, spiegano gli autori dello studio.
Questo studio solleva importanti interrogativi sulla sicurezza dei metodi tradizionali di pulizia della frutta e sull’efficacia delle pratiche agricole attuali nel limitare l’esposizione ai pesticidi. Anche se la frutta sbucciata è spesso considerata più sicura, molti consumatori sono riluttanti a rimuovere la buccia a causa dei nutrienti che essa contiene, oltre che per il sapore e la consistenza che contribuisce al frutto nel suo complesso.
Oltre a suggerire la sbucciatura come una misura preventiva, l’uso di tecnologie come la SERS potrebbe rivoluzionare il modo in cui controlliamo la sicurezza alimentare, permettendo un monitoraggio più accurato e tempestivo dei prodotti agricoli. Tuttavia, l’implementazione su larga scala di tali dispositivi richiede ulteriori studi e investimenti per rendere la tecnologia accessibile e pratica per un uso quotidiano da parte di agricoltori e consumatori.