La Procura di Pavia ha presentato richiesta di archiviazione per il secondo troncone dell’indagine riguardante la Fibronit. Questa azienda, attiva a Broni fino al 1993, era nota per la produzione di cemento contenente amianto, materiale fortemente dannoso per la salute. La decisione della Procura giunge in un contesto in cui si registrano 470 casi di persone decedute per mesotelioma o ammalate di asbestosi dal 2009 ad oggi. La mancanza di un legame scientificamente dimostrato tra l’esposizione all’amianto e l’insorgenza delle patologie ha spinto a chiudere l’indagine, lasciando irrisolti i dubbi dei familiari delle vittime.
Il primo processo e la sentenza di assoluzione
La questione Fibronit non è nuova. Il primo processo si è concluso a novembre 2022 con l’assoluzione degli ex vertici dell’azienda, Michele Cardinale e Lorenzo Mo. Quest’ultima era stata accusata in un procedimento che esaminava 275 decessi avvenuti prima del 2009, ma solo 27 casi erano stati portati in aula. La sentenza ha ridato un certo rilievo alle figure accusate, mettendo sotto la lente d’ingrandimento i criteri di valutazione delle responsabilità nella gestione di un’attività industriale che ha impattato in modo grave sull’ambiente e sulla salute.
A seguito della conclusione del primo processo, molti familiari delle vittime hanno espresso il loro disappunto per la mancanza di giustizia, alimentando polemiche su come le indagini venissero svolte e sulle misure di protezione per chi operava nelle fabbriche che utilizzavano amianto. L’assoluzione dei dirigenti ha lasciato un segno profondo nella comunità , avviando un dibattito su responsabilità e risarcimenti.
Il secondo filone di indagine: inevidenza dei risultati
Il secondo filone di indagine ha coinvolto dieci indagati, le stesse persone già esaminate nel primo procedimento, alcuni dei quali sono già deceduti o dichiarati incapaci di intendere e volere. Nonostante la complessità del caso, i riferimenti scientifici attuali hanno indotto la Procura alla richiesta di archiviazione. Questo atto, che verrà notificato alle parti offese, sottolinea un “fallimento” nell’offrire risposte certe ai familiari delle vittime, un aspetto ben evidente nel panorama delle indagini su amianto e malattie correlate.
La questione scientifica alla base delle indagini, concernente la verifica di un nesso causale fra esposizione all’amianto e malattie mortali come il mesotelioma, ha rappresentato una sfida cruciale. Gli esperti sembrano non essere ancora riusciti a stabilire un rapporto diretto e accettato scientificamente tra l’ingresso nel mercato di prodotti contenenti amianto e le malattie riscontrate negli ex lavoratori e residenti nelle aree limitrofe.
Questa incertezza non solo complica la posizione legale degli accusati ma amplifica la frustrazione tra coloro che cercano giustizia per le perdite subite. La sensazione di impotenza che avvolge le famiglie delle vittime è palpabile, accentuata dal fatto di non avere risposte definitive dai risultati delle indagini.
La situazione attuale e riflessioni future
In un’epoca in cui la salute pubblica e la sicurezza sul lavoro sono diventate priorità , casi come quello della Fibronit sollevano interrogativi critici sulle tutele effettive per i lavoratori e sulle responsabilità aziendali. L’archiviazione della seconda indagine non segna solo la chiusura di un capitolo, ma offre anche un’opportunità di riflessione su come la società possa affrontare situazioni simili in futuro.
Con un numero così alto di persone colpite da malattie legate all’amianto, gli sviluppi normativi e le politiche sanitarie giocheranno un ruolo significativo. Le famiglie delle vittime continuano a chiedere giustizia e la società sta a guardare, alla ricerca di risposte che possano portare a una maggiore sensibilizzazione e protezione, per evitare che tali tragedie possano ripetersi.
Ultimo aggiornamento il 28 Novembre 2024 da Marco Mintillo