Un’operazione della DDA di Salerno ha portato all’arresto di Gioacchino Fontanella, noto ex boss collaboratore di giustizia, e di suo figlio Bruno, per tentata estorsione. Questo sviluppa un quadro preoccupante di attività mafiosa tra Sant’Antonio Abate e Scafati, dove una nuova ondata di racket sembra stia prendendo piede.
Gli arresti e le accuse
L’operazione di polizia ha visto il fermo di Gioacchino Fontanella, ex pentito di camorra, e del suo complice Francesco Sorrentino, 50enne incensurato. Entrambi sono stati arrestati dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Torre Annunziata sulla base di indagini condotte dalla DDA di Salerno. Le accuse mosse nei loro confronti sono di tentata estorsione aggravata da finalità e metodo mafioso. Stando alle indagini, i due avrebbero cercato di rispolverare la rete estorsiva legata al clan Fontanella, creando un sistema di intimidazione volto a ottenere vantaggi economici illeciti.
Il ferreo legame tra le attività illecite e il clan è evidente considerando la storia criminale di Gioacchino Fontanella. L’ex boss aveva assunto il comando del clan dopo la detenzione del cugino Catello Fontanella, noto come ‘o biondino’, un personaggio temuto per la sua brutalità . La scorsa settimana, il clan era già stato colpito da un arresto, ma la cattura di Gioacchino e Bruno testimonia le difficoltà nel debellare completamente le attività mafiose nella zona.
Gli antecedenti e l’operato del clan Fontanella
La storia del clan Fontanella risale a decenni fa; già negli anni Ottanta, il gruppo emergente era coinvolto in faide sanguinose contro clan rivali come il D’Alessandro di Castellammare e gli Abagnale-Rosanova di Sant’Antonio Abate. Questo passato lugubre ha segnato profondamente la morfologia criminale della regione, in cui il racket e le estorsioni erano diventate una prassi. Gioacchino Fontanella, dopo un periodo di collaborazione con la giustizia e scontate condanne all’ergastolo, è tornato in libertà nei tentativi di ripristinare il potere perduto del clan.
Le indagini recenti si sono intensificate dopo la denuncia di un imprenditore del settore trasporti, che ha subito minacce da Fontanella per una somma di 250.000 euro, citando a titolo intimidatorio un altro imprenditore per rafforzare la propria posizione di potere. La risposta rapida della vittima, che ha sporto denuncia ai carabinieri, ha acceso un campanello d’allarme all’interno delle forze di polizia, portando a un’attività di contrasto coordinata e ben strutturata.
Un ciclo di estorsioni interrotto
Le indagini recenti hanno portato a un incremento dell’attenzione su un possibile revival delle attività estorsive da parte del clan Fontanella. La segnalazione da parte di un imprenditore non è stata l’unica; pochi giorni prima, un’altra denuncia aveva coinvolto un consigliere comunale, suocero della sindaca di Sant’Antonio Abate, Ilaria Abagnale. Questi eventi hanno spinto le autorità a un intervento tempestivo, smantellando una parte del sistema criminale in fase di riorganizzazione.
Le testimonianze e le denunce raccolte dai carabinieri hanno rivelato un disegno più ampio di intimidazioni e minacce legate al clan. Le vittime, pur temendo per la propria sicurezza, hanno ritrovato la forza di ribellarsi e di denunciare, contribuendo così a interrompere un ciclo di estorsioni che sembrava destinato a ripetersi. L’arresto di Gioacchino e Bruno Fontanella segna un passo significativo nella lotta contro la criminalità organizzata in una zona storicamente martoriata da attività mafiose.
La repressione di questa rete di estorsioni mostra chiaramente l’impegno delle autorità nel contrastare le attività illegali. L’operato svolto dai carabinieri e dalla DDA è un segnale importante nella lotta alla mafia, non solo per punire i colpevoli, ma anche per dimostrare che il cambiamento è possibile, grazie alla collaborazione dei cittadini.