Assolti tre albanesi coinvolti nel delitto di Sheptim Frasheri: una sentenza che cambia il corso delle indagini

Assolti tre albanesi coinvolti nel delitto di Sheptim Frasheri: una sentenza che cambia il corso delle indagini

La Corte d’Appello assolve tre albanesi accusati dell’omicidio di Sheptim Frasheri, riaprendo il dibattito su responsabilità e dinamiche del delitto avvenuto a Torino nel 2017.
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Assolti tre albanesi coinvolti nel delitto di Sheptim Frasheri: una sentenza che cambia il corso delle indagini - Gaeta.it

La Corte d’Appello ha emesso la sentenza in merito al delitto di Sheptim Frasheri, un caso complesso che ha appassionato l’opinione pubblica torinese dal 2017. Gli imputati, tre uomini albanesi accusati di concorso in omicidio volontario, sono stati assolti “per non aver commesso il fatto”. Dopo anni di indagini e processi, questa decisione segna una svolta significativa nei dettagli dell’episodio, sollevando numerosi interrogativi su responsabilità e modalità del delitto.

La cronaca dell’omicidio di Sheptim Frasheri

Il 22 ottobre 2017, la vita di Sheptim Frasheri, un uomo di 39 anni, fu tragicamente spezzata da un colpo di pistola. L’omicidio avvenne in via Fidia, nei pressi del bar Chic, situato nel quartiere Pozzo Strada di Torino. Testimoni riferirono di un’aggressione violenta, con la vittima abbattuta a terra dopo essere stata colpita. Questa scena, che parve immediatamente riconducibile a un regolamento di conti, suscitò un forte allarme nella comunità, portando le forze dell’ordine a intensificare le indagini per individuare i responsabili.

Le prime fasi delle indagini indicarono Donaldi Rushiti, un altrettanto albanese, come il presunto esecutore materiale del delitto. Rushiti fu arrestato e condannato a 10 anni e 4 mesi con rito abbreviato. Le forze dell’ordine verificarono anche che Rushiti non agiva da solo, bensì era parte di un gruppo organizzato a scopo punitivo. A supporto di queste ricostruzioni, le immagini delle telecamere di sorveglianza documentarono la sequenza degli eventi, dimostrando come Frasheri fu accerchiato e aggredito da più persone.

Le condanne nel primo grado e l’appello

Nel primo grado di giudizio, oltre a Rushiti, altri tre albanesi furono condannati a 23 anni ciascuno. Il Sostituto Procuratore Marcello Tatangelo sostenne l’accusa con fermezza, delineando il quadro di una spedizione punitiva orchestrata nei minimi dettagli. Durante il processo, fu evidenziato come gli imputati avessero cercato Frasheri per vendetta, contribuendo attivamente al suo omicidio.

Le dichiarazioni del procuratore non lasciarono spazio a dubbi, evidenziando la pericolosità del gruppo e il loro intento omicida. Tuttavia, il caso si rivelò complesso e sfaccettato, tanto che la sentenza di assoluzione degli imputati, giunta ora in appello, ha riaperto il dibattito sulla reale dinamica dell’omicidio.

L’assoluzione e le ripercussioni legali

La recente sentenza della Corte d’Appello ha ribaltato completamente il precedente verdetto. I giudici hanno sancito l’assoluzione degli imputati, sottolineando che la semplice presenza sul luogo del delitto non implica automaticamente colpevolezza, come già ribadito dalla Cassazione in precedenti decisioni. La Corte ha messo in evidenza la fragilità dell’impianto accusatorio, argomentando che le prove presentate non fossero sufficienti a giustificare le condanne originarie.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Ilenja Mehilli e dai suoi collaboratori, ha rivendicato il buon nome dei loro assistiti, etichettando le accuse come frutto di un’interpretazione errata dei fatti. “Qui si parla di cittadini onesti. Se non fossero stati albanesi, non sarebbero stati trattati così,” ha dichiarato Mehilli, evidenziando il tema della discriminazione razziale in un caso con forti risvolti sociali.

Le domande aperte e il futuro del caso

Nonostante la sentenza di assoluzione dei tre albanesi, il caso di Sheptim Frasheri rimane carico di interrogativi irrisolti. La vicenda ha sollevato questioni importanti riguardo a quanto sia estesa la rete di complici e sull’effettivo coinvolgimento di altre persone nell’omicidio. Le autorità devono ora interrogarsi su chi fosse realmente interessato alla morte della vittima.

Con questo verdetto, uno dei casi di sangue più discussi degli ultimi anni a Torino chiude un capitolo, ma non cancella le incertezze che lo circondano. Gli sviluppi futuri delle indagini potrebbero riservare ulteriori colpi di scena.

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