Assoluzione di Francesco Saragò per l’omicidio di Vincenzo Di Costa: un caso senza colpevole

Assoluzione di Francesco Saragò per l’omicidio di Vincenzo Di Costa: un caso senza colpevole

La Corte d’Assise di Catanzaro assolve Francesco Saragò dall’omicidio di Vincenzo Di Costa, avvenuto nel 2010, sollevando interrogativi sulla conduzione delle indagini e sull’efficacia della giustizia.
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Assoluzione di Francesco Saragò per l’omicidio di Vincenzo Di Costa: un caso senza colpevole - Gaeta.it

La Corte d’Assise di Catanzaro ha pronunciato l’assoluzione di Francesco Saragò, 40enne originario di Tropea, per l’omicidio di Vincenzo Di Costa, assassinato a colpi di pistola la sera del 23 marzo 2010. La decisione è scaturita in seguito alle argomentazioni presentate dai legali di Saragò, gli avvocati Sandro D’Agostino e Giovanni Vecchio, che hanno sostenuto l’innocenza del loro assistito. Merita attenzione anche la richiesta di assoluzione formulata dalla Procura, che ha contribuito a definire il contesto di questo complesso caso giudiziario.

Il delitto di Vincenzo Di Costa: fatti e contesto

Vincenzo Di Costa, 46 anni, è stato ucciso mentre stava parcheggiando il ciclomotore di fronte alla propria casa a Tropea. L’omicidio è stato caratterizzato da numerosi colpi di pistola, che hanno colpito l’uomo, alludendo a un’azione ben pianificata. Nonostante le indagini, a distanza di 15 anni dall’accaduto, non è stato trovato un responsabile certo per questo omicidio, il che solleva interrogativi importanti sulla sicurezza nella zona e sull’efficacia delle investigazioni.

Fino al 2022, l’attività giudiziaria aveva subìto una serie di stop e rallentamenti. Il Gip distrettuale Pietro Carè aveva infatti respinto una richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero, che ha spinto verso l’imputazione di Saragò per omicidio, contrassegnato da connotazioni mafiose. Questa decisione è stata presa anche grazie alle istanze dell’avvocato Giovanna Fronte, legale della moglie della vittima, che ha continuato a lottare per trovare giustizia.

Tracce e indagini nel caso Saragò

Dopo il delitto di Di Costa, gli investigatori hanno rinvenuto indizi che suggerivano un possibile appostamento del killer in un terreno con vegetazione rigogliosa di fronte alla casa della vittima. Questa posizione rialzata, circa due metri e mezzo sopra il livello della strada, permetteva al possibile assalitore di osservare i movimenti di Di Costa senza destare sospetti. Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Vibo, nell’operazione antimafia “Peter Pan”, hanno messo in luce la contiguità di Di Costa con ambienti legati alla criminalità organizzata, fatto che ha complicato ulteriormente l’intero processo.

In particolare, alcune intercettazioni effettuate tra il 2009 e il 2010 da membri della cosca La Rosa di Tropea hanno rivelato commenti critici nei confronti del comportamento di Vincenzo Di Costa. Risultati sconvolgenti sono emersi dall’interrogatorio di Peter Cacko, un collaboratore di giustizia, che ha dichiarato di aver ricevuto ordini da un noto capomafia per posizionare un ordigno esplosivo, indirizzato contro il chiosco di Di Costa, noto nell’area con il soprannome “zingaro“.

Moventi e considerazioni giudiziarie

Nella sentenza del giudice emergono tre possibili moventi dell’omicidio, radicati nel profilo di Di Costa e nelle sue connessioni con ambienti di mala del posto. Al di là di queste circostanze, appaiono significativi anche gli episodi di danneggiamento che si erano verificati poco prima dell’omicidio. La varietà di fisici motivi lega la vittima a un contesto sociale caratterizzato da rivalità e tensioni, sottolineando la complessità del caso e l’assenza di un colpevole certo a distanza di oltre un decennio.

L’assoluzione di Saragò ha sollevato interrogativi su come le indagini siano state condotte e sull’efficacia delle procedure legali in un caso di omicidio che sembra essersi arenato nello stesso pantano dell’indeterminatezza. In un contesto più ampio, tali sviluppi evidenziano le difficoltà delle forze dell’ordine e della giustizia nell’affrontare crimini che possono essere influenzati da dinamiche mafiose e che, rimanendo irrisolti, alimentano un clima di insicurezza e sfiducia all’interno della comunità.

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