Filippo Pietropaolo, vicepresidente della giunta regionale della Calabria, ha ottenuto l’assoluzione dall’accusa di ricettazione in merito all’inchiesta sull’illecito commercio di reperti archeologici. La decisione è stata presa dal Tribunale di Crotone, al termine di un procedimento avviato nel 2017 e che ha coinvolto un vasto gruppo di persone. Questa sentenza segna la conclusione di un caso complesso, emerso da un’operazione condotta dai carabinieri del Nucleo Tutela del patrimonio culturale.
L’operazione Tempio di Hera e le indagini
L’operazione Tempio di Hera, condotta nel gennaio 2017, ha svelato un’organizzazione attiva nella vendita di reperti archeologici estratti illegalmente. Questa indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Crotone, ha portato alla luce un meccanismo di scambio e vendita di pezzi di valore storico, rivelando un contesto di attività illegali che ha coinvolto numerosi soggetti. In totale, sono stati indagati 52 individui, alla luce delle prove accumulate dai carabinieri.
Pietropaolo, che all’epoca dei fatti ricopriva la carica di consigliere della Seta Srl, era stato accusato di aver ricevuto in dono una “moneta dei bretti”, ritenuta parte del patrimonio culturale. La sua posizione è stata al centro dell’attenzione non solo per il rilievo del suo ruolo politico, ma anche per l’impatto dell’intera vicenda sulla reputazione della giunta regionale.
La sentenza: condanne ai tombaroli
Al di là dell’assoluzione di Pietropaolo, il Tribunale ha pronunciato condanne significative per alcuni dei protagonisti dell’organizzazione criminale dedita al saccheggio di reperti storici. Vincenzo Godano è stato condannato a cinque anni di reclusione, mentre per Francesco Salvatore Filoramo, Luca Filoramo, Vittoria Villirillo e Carmine Francesco Verterame sono stati stabiliti tre anni di pena. Altri soggetti, come Francesco Arena, hanno ricevuto condanne di due anni.
Allo stesso tempo, alcuni imputati sono stati assolti perché ritenuti non colpevoli dei reati a loro imputati. Tra questi figurano Pasquale Antonio Fabiano, Salvatore Rocca, Carmelo Marino e Pasquale De Tursi, che non hanno commesso il fatto. Altri individui, tra cui Yvonne Maria Gallo, Luigi Lacroce, Leonardo Lecce, Michele Bisceglie, Mario Raso e Annibale Chiaravaloti, sono stati assolti per insussistenza del fatto.
Il lungo iter giudiziario e le perdite nel processo
La sentenza emessa dal Tribunale di Crotone è arrivata dopo otto anni di travagliato iter giudiziario. Un lasso di tempo significativo nel quale alcuni dei principali indagati hanno perso la vita, rendendo impossibile la loro persecuzione e creando un’ulteriore complessità alla gestione dell’intero caso. La perdita di soggetti chiave ha inevitabilmente influenzato la robustezza del dibattimento e il risultato finale del processo.
Il percorso dell’operazione Tempio di Hera ha messo in evidenza non solo il problema del traffico di reperti archeologici in Calabria, ma anche le sfide nella lotta contro la criminalità organizzata che sfrutta il patrimonio culturale per attività illecite. L’attenzione del pubblico e delle autorità rimane alta in merito alla salvaguardia delle risorse culturali e della loro corretta valorizzazione.