Piero Amara e i suoi coimputati, Giuseppe Calafiore e Fabrizio Centofanti, sono stati assolti con la formula “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di aver calunniato l’ex consigliere del Csm Marco Mancinetti. La decisione è stata presa dal giudice Mauro Gallina nel processo autonomo relativo ai verbali riguardanti la “Loggia Ungheria“.
Processo concluso in favore degli imputati
L’avvocato Salvino Modello, difensore di Amara, ha commentato che il processo si è chiuso nel modo più corretto possibile, ritenendo che non avrebbe dovuto nemmeno prendere avvio. La sentenza emessa oggi rappresenta la prima decisione per l’ex legale esterno di Eni, coinvolto in diversi procedimenti giudiziari a Milano, inclusi quelli sul presunto “falso complotto” e sulle presunte calunnie legate alla “loggia Ungheria“.
Argomentazioni difensive durante l’arringa
Nell’arringa della difesa, che è durata quattro ore, sono stati affrontati diversi temi legali. La difesa di Amara si è concentrata sul contesto normativo vigente al momento dei fatti contestati, sostenendo che la presunta calunnia non poteva configurarsi come reato in base alle leggi dell’epoca. Secondo l’avvocato, mancava il requisito fondamentale della calunnia, ovvero l’attribuzione di un fatto penalmente rilevante, che nel caso non costituiva istigazione alla corruzione.
Assoluzione per mancanza di consapevolezza della falsità dell’accusa
La difesa ha concluso che Amara non aveva consapevolezza della falsità dell’accusa rivolta a Mancinetti e pertanto doveva essere assolto perché il fatto in questione non sussisteva. Il giudice ha accolto questa argomentazione e ha emesso l’assoluzione per tutti gli imputati coinvolti nel caso.
Questo verdetto segna una tappa significativa in un processo complesso che ha coinvolto diverse personalità istituzionali e imprenditoriali. La decisione riflette l’importanza di valutare attentamente i fatti e le normative vigenti al momento delle presunte violazioni.