Il conflitto tra Israele e Hamas continua a intensificarsi, accompagnato da recenti attacchi a convogli umanitari e operazioni militari. Mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità si prepara a lanciare una campagna vaccinale contro la poliomielite nella Striscia di Gaza, nuove violenze si registrano anche in Cisgiordania. A seguire, un’analisi dettagliata delle ultime vicende in questa regione complessa e fragile.
La campagna di vaccinazione contro la poliomielite
Dettagli della campagna vaccinale
In un contesto di crescente tensione, Israele e Hamas hanno concordato alcune pause nei combattimenti per consentire l’avvio di una campagna di vaccinazione contro la poliomielite nella Striscia di Gaza. Questo progetto, promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in collaborazione con UNICEF e UNRWA, è di vitale importanza per la salute pubblica, dato che la poliomielite era considerata debellata nella regione da 25 anni. La prima notizia di un caso di poliomielite, registrata la settimana scorsa, ha spinto le autorità sanitarie ad un intervento immediato.
Il target è ambizioso: vaccinare circa 640.000 bambini, garantendo che almeno il 90% della popolazione infantile riceva la dose contro questa malattia altamente contagiosa. L’alta ufficiale dell’Oms, Rik Peeperkorn, ha dichiarato che “la durata delle pause potrebbe essere estesa oltre i tre giorni inizialmente previsti, se necessario, per garantire il raggiungimento dell’obiettivo vaccinale.”
Disponibilità dei vaccini
A supporto di questa iniziativa, sono già state ricevute a Gaza circa 1,26 milioni di dosi di vaccino antipolio, con ulteriori 400.000 dosi pronte per essere distribuite. L’intenzione è quella di fermare la trasmissione del virus e garantire la salute dei bambini, gruppo demografico particolarmente vulnerabile in questa area colpita da conflitti.
La situazione militare in Cisgiordania
Operazioni dell’esercito israeliano
Durante il terzo giorno di operazioni militari in Cisgiordania, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver identificato e colpito una presunta “cellula terroristica” nella città di Jenin. Queste operazioni sono state descritte come parte di una strategia per prevenire attacchi mirati contro Israeliani. Nel corso degli scontri, le forze israeliane hanno riportato la morte di un comandante locale del movimento Jihad islamica e di altri quattro militanti palestinesi a Tulkarem.
Negli ultimi giorni, i raid hanno provocato almeno 19 morti, quasi esclusivamente tra i militanti, con nuove tensioni in un contesto già precario. Questa escalation è vista da Hamas come una continuazione della guerra a Gaza, contribuendo ad accrescere le frustrazioni tra i palestinesi per il persistente controllo militare israeliano.
Le reazioni internazionali
In questo clima di conflitto, la comunità internazionale continua a mostrare preoccupazione. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno fortemente criticato le forze israeliane per gli attacchi ai veicoli delle Nazioni Unite, aizzando le preoccupazioni riguardo alla sicurezza umanitaria nella regione. Tali incidenti aumentano la tensione, specialmente quando le operazioni militari si intrecciano con i tentativi di assistere la popolazione civile.
L’attacco al convoglio umanitario
L’incidente di Rafah
Un attacco a un convoglio umanitario si è verificato giovedì sera nella città di Rafah, dove un missile israeliano ha colpito un veicolo che trasportava forniture mediche e carburante destinate a un ospedale emiratino. L’agenzia di aiuto americana Near East Refugee Aid ha riportato la morte di diversi membri del personale locale a causa di questo attacco. Israele ha giustificato l’azione sostenendo che il convoglio fosse stato sequestrato da uomini armati, senza presentare prove a sostegno della sua affermazione.
Coordinamento e impatto dell’attacco
Il convoglio, organizzato dall’Ong Anera, aveva ricevuto approvazione preliminare dalle autorità israeliane per il suo percorso, destinato a rifornire l’ospedale della Mezzaluna Rossa degli Emirati. La direttrice di Anera per i territori palestinesi, Sandra Rasheed, ha confermato che “nessun dipendente dell’organizzazione è rimasto ferito nell’attacco,” mentre le perdite tra il personale locale sollevano domande sull’impatto delle operazioni militari su chi opera a supporto delle necessità umanitarie.
La situazione resta particolarmente tesa, con l’ONU che chiede chiarimenti e una revisione delle strategie di ingaggio da parte delle forze israeliane, considerato l’aumento degli attacchi contro veicoli umanitari già identificati.