Attivisti si incatenano contro la costruzione della centrale Snam a Sulmona: azione di disobbedienza civile

Attivisti si incatenano contro la costruzione della centrale Snam a Sulmona: azione di disobbedienza civile

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Attivisti si incatenano contro la costruzione della centrale Snam a Sulmona: azione di disobbedienza civile - Gaeta.it

A Sulmona, nel comune di L’Aquila, due attivisti della Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile” hanno attuato una protesta pacifica legandosi al cancello d’ingresso del cantiere Snam, dove sono state avviate le operazioni preliminari per la realizzazione della centrale di compressione da integrare nel progetto del nuovo gasdotto Linea Adriatica. L’iniziativa è stata motivata dalla volontà di opporsi alla costruzione di infrastrutture fossilifere, ritenute dannose per il futuro del clima e per la salute dell’ambiente.

Motivazioni della protesta: obbedienza civile e cambiamento climatico

Una scelta politica discutibile

Mario Pizzola e Alba Silvani, i due attivisti coinvolti nell’azione, hanno dichiarato che la loro iniziativa rappresenta un atto di “obbedienza civile nonviolenta”. Gli attivisti hanno criticato l’approvazione del governo per la creazione dei nuovi impianti, considerandola una decisione irrazionale in tempi in cui il cambiamento climatico sta manifestando effetti devastanti, tra cui eventi meteorologici estremi che si stanno intensificando.

Pizzola e Silvani hanno evidenziato che la costruzione della centrale e del metanodotto non solo aggraverebbe la crisi climatica, ma risulta superflua alla luce della diminuzione del consumo di gas metano in Italia. Hanno inoltre sostenuto che le infrastrutture fossero inadeguate e dannose, soprattutto considerando che il consumo è sceso a 60 miliardi di metri cubi nel 2022, ben 26 miliardi in meno rispetto ai massimi storici del 2005.

Impatti ambientali e sociali

Le affermazioni degli attivisti mettono in evidenza la devastazione ambientale che certi progetti possono comportare. È previsto che la realizzazione del metanodotto comporti la deforestazione di circa due milioni di alberi, un’azione che andrebbe a danneggiare il fragile ecosistema dell’Appennino, zona di elevata biodiversità.

In aggiunta, la centrale è prevista in un’area con una storia archeologica significativa. Durante le campagne di archeologia preventiva sono state rinvenute importanti testimonianze, tra cui un villaggio dell’età del bronzo e una necropoli. Questo mette in discussione non solo l’impatto ambientale, ma anche il valore storico e culturale del luogo.

Le conseguenze della costruzione sulla fauna locale

Impatti sull’orso bruno marsicano

Parte della preoccupazione degli attivisti riguarda l’habitat dell’Orso bruno marsicano, una specie già in pericolo di estinzione. La zona di Case Pente è riconosciuta dal Parco Nazionale della Maiella come un corridoio faunistico, fondamentale per la sopravvivenza di questa specie. La costruzione della centrale e del metanodotto sarebbe una minaccia diretta al suo habitat, riducendo ulteriormente gli spazi vitali in cui questo animale può vivere e prosperare.

Rischi di sismicità e inquinamento atmosferico

Le preoccupazioni acuite dagli attivisti comprendono anche i rischi associati alle caratteristiche geologiche della regione. Essendo un’area ad alta sismicità, la costruzione delle infrastrutture potrebbe aumentare i pericoli per la popolazione locale. Inoltre, la centrale è destinata a emettere sostanze inquinanti, come polveri sottili e ossidi di azoto, che comprometterebbero ulteriormente la qualità dell’aria nell’area peligna, per di più aggravata dalla particolare configurazione geografica della valle in cui ci si trova, che favorisce il ristagno degli inquinanti.

La visita delle autorità in risposta all’azione

Sopralluoghi e verifiche sul posto

In risposta all’azione di protesta, il procuratore capo della Repubblica di Sulmona, Luciano D’Angelo, insieme al dirigente del commissariato, Marzio Morganti, si è recato sul posto per un sopralluogo. La loro presenza indica la gravità della situazione e la necessità di valutare le implicazioni legali e ambientali derivate dalla costruzione degli impianti. Questo evento potrebbe segnare l’inizio di un confronto diretto fra le autorità e i gruppi ambientalisti, sull’opportunità e la sostenibilità di tali progetti.

Le recenti azioni di protesta hanno portato alla luce nuove discussioni sulla necessità di riformare le politiche energetiche, promuovendo alternative più sostenibili e meno impattanti, in un’epoca in cui la lotta per la salvaguardia del clima sembra più cruciale che mai.

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