Avellino adotta terapia mininvasiva giapponese per artrosi al ginocchio e fascite plantare

Avellino adotta terapia mininvasiva giapponese per artrosi al ginocchio e fascite plantare

Ad Avellino l’ospedale San Giuseppe Moscati introduce la tecnica giapponese Tame per trattare artrosi al ginocchio e fascite plantare con un metodo mininvasivo che blocca l’infiammazione alla radice.
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Ad Avellino, l’ospedale “San Giuseppe Moscati” ha introdotto la tecnica mininvasiva TAME per trattare il dolore cronico da artrosi al ginocchio e fascite plantare, bloccando l’infiammazione alla radice tramite embolizzazione selettiva dei vasi sanguigni anomali. - Gaeta.it

Una nuova tecnica medica sta prendendo piede ad Avellino per trattare il dolore cronico legato all’artrosi al ginocchio e alla fascite plantare. L’azienda ospedaliera “San Giuseppe Moscati” ha introdotto una procedura mininvasiva, già sperimentata in Giappone, che promette di agire direttamente sulla causa dell’infiammazione responsabile del dolore. L’approccio utilizza la radiologia interventistica e coinvolge un team guidato da Giulio Lombardi, che ha firmato i primi trattamenti sul territorio. Qui di seguito le caratteristiche principali della tecnica e i casi già trattati.

La tecnica tame: cos’è e come funziona

La metodica in questione si chiama Tame, acronimo di Transcatheter arterial micro-embolization. Si tratta di un procedimento che coinvolge l’introduzione di un catetere molto sottile – circa 0,6 millimetri di diametro – in un’arteria del polso o dell’inguine. Attraverso questo piccolo tubo, vengono somministrate particelle embolizzanti capaci di ostruire i vasi sanguigni anomali responsabili del dolore.

La natura dei vasi “moyamoya”

Proprio questi vasi, chiamati “moyamoya”, un termine giapponese che significa “nuvola di fumo”, sono oggetto delle particelle che bloccano il flusso sanguigno e sopprimono l’infiammazione. L’intervento agisce cioè direttamente sul focolaio che scatena il dolore cronico, interrompendone la progressione. Questo approccio si differenzia dalla cura tradizionale basata su antidolorifici o iniezioni che spesso offrono solo un sollievo temporaneo.

Per localizzare con precisione i vasi da trattare, si utilizzano apparecchiature avanzate come l’angiografo e l’ecografo, permettendo di intervenire con precisione millimetrica. La procedura richiede circa un’ora ed è eseguita in anestesia locale. Non è necessario il ricovero, perché il trattamento si svolge in regime ambulatoriale.

I primi pazienti trattati ad avellino

Il reparto di radiologia interventistica della “San Giuseppe Moscati”, guidato da Giulio Lombardi, ha già effettuato i primi interventi con questa tecnica a Avellino. Tra i pazienti trattati ci sono una donna di 42 anni proveniente da Benevento e due uomini, rispettivamente di 40 e 70 anni, residenti nella provincia di Avellino. Tutti soffrivano di dolori cronici derivanti da artrosi al ginocchio o fascite plantare.

L’accesso a una terapia meno invasiva, con pochi rischi e senza necessità di ricovero, rappresenta un’alternativa importante in ambito terapeutico. I risultati iniziali mostrano come la procedura possa bloccare l’infiammazione all’origine del problema, portando a una riduzione duratura del dolore. Non si tratta di una cura diffusa su larga scala in Italia, ma viene praticata in pochi centri specializzati che hanno investito nella tecnologia e nella formazione del personale medico.

L’introduzione di Tame in una struttura pubblica come quella di Avellino apre la strada a una maggiore disponibilità per i pazienti che soffrono quotidianamente di dolori articolari cronici. La conferma della sua efficacia arriverà solo con monitoraggi a medio e lungo termine, ma la prospettiva si pone come un’evoluzione concreta nella cura delle malattie articolari degenerative.

Il contesto medico e le prospettive del trattamento

Il dolore cronico all’artrosi o alla fascite plantare impatta molto sulla qualità della vita e la gestione tradizionale prevede spesso il ricorso a farmaci antinfiammatori, corticosteroidi e fisioterapia. Tali approcci però non agiscono direttamente sull’infiammazione dei vasi sanguigni anomali e spesso si limitano a ridurre i sintomi.

I vantaggi della tecnica giapponese tame

La tecnica giapponese Tame sfrutta l’embolizzazione selettiva dei vasi che alimentano l’infiammazione, bloccandola alla radice. È un metodo che ha catturato l’interesse di alcuni centri italiani per la sua capacità di offrire benefici duraturi senza interventi chirurgici invasivi. La procedura ha un profilo di rischio basso e tempi di recupero molto brevi.

I successi precedenti ottenuti in Giappone hanno spinto a sperimentazioni anche in Europa. Ad Avellino, l’introduzione di questa tecnica segna un passaggio importante verso terapie più mirate e specifiche. L’esperienza maturata potrebbe favorire l’ampliamento dell’uso di questa tecnica nei prossimi anni, includendo altre patologie legate all’infiammazione vascolare.

La sfida resta anche quella di standardizzare protocolli e indicazioni precise per individuare i pazienti che maggiormente possono beneficiare di questo trattamento. Resta da anticipare come il panorama medico recepirà questo approccio nei tempi che verranno e se potrà diventare un’opzione diffusa, magari affiancando o sostituendo alcune terapie tradizionali.

L’attenzione della comunità medica si concentra ora sui dati di efficacia raccolti nei centri italiani e sulla possibilità di garantire un accesso più ampio a chi soffre di dolori persistenti, soprattutto in aree dove le soluzioni finora sono state limitate.

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