L’approccio al linguaggio inclusivo è diventato centrale nelle dinamiche aziendali moderne, ma nonostante i progressi, persistono sfide significative. Uno studio condotto da Claudia Manzi, docente di psicologia sociale all’Università Cattolica, ha messo in evidenza le principali barriere che ostacolano l’adozione di espressioni linguistiche rispettose delle diversità . La ricerca, denominata “Il linguaggio inclusivo tra resistenze e cambiamenti“, è stata realizzata in collaborazione con Diversity & Inclusion Speaking e ha ricevuto il sostegno del gruppo Mediobanca.
Fattori di resistenza e ansia: un’analisi profonda
Le credenze errate e la mancanza di empatia sono due dei fattori principali identificati come ostacoli all’uso di un linguaggio inclusivo. La ricerca ha rivelato che l’ansia può influenzare il comportamento di accoglienza o rifiuto nel 30% dei casi. Questo livello di ansia può derivare dalla paura di commettere errori nel linguaggio, portando a un uso di espressioni inadeguate o all’evitamento totale di termini inclusivi. Una rispondenza immediata alle emozioni negative può ostacolare non solo il dialogo, ma anche la creazione di un ambiente accogliente e stimolante.
Inoltre, la ricerca ha evidenziato come la presenza di credenze errate legate al linguaggio inclusivo possa radicarsi nella cultura aziendale. Tali credenze spesso si manifestano sotto forma di pregiudizi o resistenze personali, influenzando così le scelte linguistiche di molti professionisti. Questo contesto complesso crea una spirale di rigettabilità del linguaggio inclusivo, nonché un blocco delle iniziative volte a promuovere una comunicazione empatica e rispettosa.
Un approccio strategico per favorire il cambiamento
Secondo Claudia Manzi, per abbattere queste difese, è fondamentale adottare un approccio non prescrittivo. Invece di esporre rigorose regole su quali espressioni utilizzare o meno, è utile stimolare una riflessione sull’evoluzione naturale delle lingue. Si tratta di educare i membri dell’organizzazione sui potenziali effetti negativi che un linguaggio non attento può avere sugli interlocutori, spesso senza che ci rendiamo nemmeno conto.
Manzi sottolinea che è necessario affrontare il tema in modo ampio, per potere sfatare quelle false credenze e promuovere sentimenti positivi come l’empatia. Attraverso workshop, seminari e momenti di condivisione, si possono creare spazi di discussione dove le persone non solo apprendono tecniche di linguaggio inclusivo, ma si sentono anche accolte e comprese nel loro percorso di crescita.
Verso un futuro inclusivo e rispettoso
La chiave per un cambiamento vero e duraturo risiede dunque in un dialogo aperto e in un approccio educativo che incoraggi la comprensione e la tolleranza. È fondamentale che le aziende investano in programmi di training e sensibilizzazione, in modo da costruire una cultura aziendale in grado di abbracciare e celebrare la diversità . Un ambiente lavorativo favorevole permette non solo di sviluppare un linguaggio più inclusivo, ma anche di migliorare la coesione sociale e la creatività all’interno dei team.
I risultati ottenuti dallo studio di Manzi evidenziano l’importanza di lavorare su entrambi i fronti: smantellare paure e pregiudizi mentre si promuove un linguaggio che rispecchi e valorizzi le differenze. Con il giusto supporto e una formazione adeguata, l’adozione di un linguaggio inclusivo diventa non solo un obiettivo ma un risultato tangibile e positivo per ogni realtà aziendale.