Il conflitto a Gaza continua a mietere vittime, mentre le speranze di un accordo duraturo fra Hamas e Israele sembrano allontanarsi ulteriormente. Le informazioni fornite dal ministero della Salute palestinese delineano uno scenario drammatico, evidenziando non solo la quantità straziante di vittime, ma anche le difficoltà nel fornire assistenza umanitaria vitale. Questa situazione difficile colpisce in particolare i più vulnerabili, come i neonati e i bambini.
Bilancio delle vittime e crisi umanitaria
Secondo i dati del ministero della Salute di Gaza, negli ultimi 24 ore sono state registrate trentotto morti, portando il totale a 45.399 in 14 mesi di conflitto. Questo tragico bilancio comprende una vasta gamma di vittime, dai civili agli individui di ogni età , compresi neonati come la piccola Sila, di soli tre mesi, morta per ipotermia la notte di Natale a Khan Younis. La piccola è solo l’ultima di tre neonati che hanno perso la vita a causa del freddo nelle tendopoli dei campi profughi negli ultimi tre settimane. Le condizioni di vita nelle zone colpite sono agghiaccianti, con un numero crescente di feriti, che attualmente si attesta attorno ai 108.000, lasciando una popolazione stremata e traumatizzata.
L’assistenza umanitaria sta affrontando enormi ostacoli. Coloro che cercano di portare aiuto si trovano a fronteggiare una carenza senza precedenti di risorse essenziali, tra cui coperte, vestiti caldi e legna da ardere. L’incapacità di far fronte a un bisogno così vasto rischia di aggravare ulteriormente la crisi. Le temperature scendono sotto lo zero, e il numero di persone a rischio aumenta costantemente, accrescendo un senso di urgenza tra le organizzazioni umanitarie sul campo.
Le ostilità continuano e le tensioni tra Hamas e Israele
Mentre il numero delle vittime aumenta, le tensioni tra Hamas e Israele continuano a crescere. Nelle ultime ore, gli attacchi aerei israeliani su Gaza hanno provocato la morte di ulteriori due bambini durante un raid su una residenza nel quartiere a sud di Sabra. Questi eventi hanno scatenato vehemente indignazione, con dichiarazioni di protesta da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese e di Hamas, che considerano le azioni israeliane una provocazione inaccettabile.
La recente visita del ministro israeliano della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, alla Spianata delle Moschee a Gerusalemme ha ulteriormente infiammato la situazione, contribuendo a delineare un quadro di tensione e instabilità . In mezzo a questo contesto di violenza, un gruppo di familiari di ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza ha espresso il loro disappunto rivolgendosi al primo ministro Benjamin Netanyahu e ai membri del suo governo. Accusano l’esecutivo di non adempire al proprio dovere legale di garantire il rilascio degli ostaggi, minacciando di procedere per vie legali se non verranno intraprese azioni concrete.
La ricerca di un accordo che sembra sempre più lontana
Le speranze di una risoluzione della crisi rimangono molto basse. Nonostante nelle ultime settimane si fosse creata la sensazione di un accordo imminente tra le parti, il dialogo si è interrotto, e le reciproche accuse hanno preso il sopravvento. Da un lato, Hamas accusa Israele di aver imposto nuove condizioni sul ritiro da Gaza, sulle questioni relative ai prigionieri e sul ritorno dei profughi. Dall’altro lato, il governo israeliano accusa Hamas di trascurare intese già raggiunte.
Il dialogo, fondamentale per la pace e il benessere dei civili, sembra bloccato in un ciclo di incomprensioni e accuse reciproche. Senza un’effettiva volontà di negoziare, la situazione a Gaza rischia di continuare a deteriorarsi, con gravi conseguenze per una popolazione già provata da troppe sofferenze.
Ultimo aggiornamento il 26 Dicembre 2024 da Elisabetta Cina