Un’importante operazione delle forze dell’ordine ha portato alla decapitazione del clan malavitoso Picca-Di Martino, noto per traffico di cocaina nella zona di confine tra Napoli e Caserta. I carabinieri, in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia, hanno eseguito oggi 42 misure cautelari, tra cui 32 arresti in carcere e 3 agli arresti domiciliari. Le indagini hanno rivelato un quadro complesso di reati, che spaziano dall’associazione per delinquere di tipo mafioso all’estorsione, fino al riciclaggio e al traffico di sostanze stupefacenti.
Le modalità operative del clan
Un’organizzazione multifunzionale
Il clan Picca-Di Martino operava con modalità ben organizzate e diversificate. Accettando anche pagamenti tramite carte di debito e reddito di cittadinanza, l’organizzazione è riuscita ad ampliare la propria base di clienti e a stabilire un monopolio nella vendita di cocaina nella zona. Si è scoperto che il clan aveva messo in piedi un vero e proprio servizio a domicilio, con uno spacciatore che utilizzava un veicolo, specificamente una Jeep Renegade, per le consegne. Questo operatore, in collaborazione con una complice romena, ha quindi potuto ampliare significativamente il proprio raggio d’azione nella distribuzione.
L’intimidazione come meccanismo di controllo
Ma il traffico di sostanze stupefacenti non era l’unica attività del clan. Le estorsioni erano una parte ausiliaria fondamentale dei loro affari, mirate a mantenere il controllo sul territorio. Attraverso tattiche intimidatorie, il clan Picca-Di Martino si è guadagnato il rispetto e la paura degli abitanti e degli imprenditori locali. Si racconta che i debitori venissero costretti a restituire somme di denaro in modo drammatico, al punto che chi non era in grado di saldare i debiti aveva spesso la patente e i documenti confiscati, restituiti solo dopo il pagamento del dovuto.
Chi sono i protagonisti dell’operazione
I capi del clan
L’operazione ha portato alla luce la figura di Aldo Picca, 67 anni, e Nicola Di Martino, 54 anni, considerati i leader dell’organizzazione. Aldo Picca, già noto alle forze dell’ordine per il suo precedente affiliamento alla fazione Bidognetti del clan dei Casalesi, aveva ripreso la sua attività criminale subito dopo la scarcerazione avvenuta nel 2023. In un lasso di tempo ridotto, Picca ha dimostrato la sua determinazione a riprendere il controllo del territorio compreso tra Carinaro e Teverola, zone strategiche anche per motivi economici.
L’infiltrazione nel tessuto economico locale
Una parte del piano del clan si è concentrata sull’infiltrazione nel tessuto economico della zona, illustrando come il crimine potesse mescolarsi a legittime attività commerciali. Durante il periodo della pandemia, ad esempio, tramite l’acquisizione di un bar, il clan ha avuto accesso a circa 900mila euro ritenuti “sporchi”. Questo stratagemma ha consentito loro di ripulire i guadagni illeciti, ma ha anche messo in luce come la malavita potesse sfruttare situazioni di crisi per rinforzare il proprio potere.
Le conseguenze legali dell’operazione
Questa operazione, oltre agli arresti, ha portato al sequestro di immobili e esercizi commerciali illecitamente acquisiti dal clan. I carabinieri, supportati dal gip di Napoli Marco Carbone, hanno notificato decreti di sequestro per bar, tavole calde e appartamenti, così da sottrarre ai malviventi il potere economico necessario per rimanere attivi sul territorio.
Il messaggio alle comunità locali
L’operazione dei carabinieri e della DDA rappresenta un chiaro messaggio a tutte le comunità locali: la lotta contro la malavita organizzata continua senza tregua e la collaborazione tra autorità e cittadini è fondamentale per garantire un futuro senza paura e criminalità . La presenza di forze dell’ordine sul territorio, insieme a operazioni come questa, potrebbero essere determinanti nel mantenere la sicurezza e la legalità nelle zone vulnerabili.