Questa mattina, un episodio di forte impatto ha scosso Piazza San Pietro, luogo di ritrovo per migliaia di pellegrini e turisti. Yana Fedorets, un’attivista ucraina del gruppo Femen, ha tentato di realizzare una protesta clamorosa, cercando di esporre messaggi contro l’invasione russa e la sua devastazione sui bambini ucraini. Nonostante la sua azione pacifica, la situazione ha preso una piega inattesa con l’intervento delle forze di polizia vaticane.
L’azione dimostrativa dell’attivista
Yana Fedorets, 25 anni, ha cercato di mettere in scena una manifestazione davanti al grande presepe allestito in piazza. L’attivista, con il corpo dipinto, voleva mostrare al mondo una scritta alquanto toccante: “Where is my child” . Sulla schiena aveva riportato un messaggio ancora più forte: “Putin is a war criminal” . L’idea era di attirare l’attenzione sulla difficile situazione che i bambini ucraini stanno affrontando a causa del conflitto in corso. Tuttavia, la sua azione non ha avuto il tempo di svilupparsi completamente.
Gli agenti dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza Vaticana, già presenti per monitorare la situazione nella piazza, hanno prontamente fermato Fedorets. L’attivista, nel momento del fermo, ha reagito con frasi appassionate, urlando frasi come “Questo è il mio bambino!” in inglese, evidenziando la disperazione e il suo legame emotivo con la tragica situazione che molti genitori in Ucraina stanno vivendo.
Le conseguenze legali per l’attivista
Dopo essere stata bloccata, Yana Fedorets è stata arrestata per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, un passo che ha sollevato polemiche sulla legittimità della sua azione. Si è aggiunta anche una denuncia per atti osceni in luogo pubblico. La condanna legale ha fatto emergere interrogativi sul confine tra libertà di espressione e mantenimento dell’ordine pubblico, soprattutto in un luogo così simbolico come la piazza antistante alla Basilica di San Pietro.
Il fermo non ha solo coinvolto Fedorets; anche un fotografo, presente per documentare l’evento, è stato arrestato, il che ha ulteriormente acceso i riflettori su come le forze dell’ordine hanno gestito la situazione. Notizie di tentativi da parte della polizia di distruggere le fotografie scattate durante il blitz hanno sollevato preoccupazioni circa la trasparenza e la libertà di stampa.
La risposta del gruppo Femen
In risposta all’operazione di arresto, il gruppo Femen ha rilasciato una nota ufficiale per esprimere il loro disappunto. Hanno descritto l’azione dell’attivista come una protesta pacifica e di carattere umanitario, mirata specificamente a richiamare l’attenzione sui crimini di guerra perpetrati dalla Russia, in particolare contro i più vulnerabili, i bambini. La loro dichiarazione ha accusato le forze dell’ordine vaticane di aver risposto in modo eccessivo e aggressivo, sottolineando la brutalità della detenzione e la repressione della libertà di espressione.
La posizione del gruppo Femen è chiara: la loro missione è quella di dare voce a chi non può parlare e di porre l’accento su problemi globali, come la guerra e le violazioni dei diritti umani. Questa manifestazione, per loro, rappresenta una goccia nell’oceano delle atrocità che la guerra ha portato, offrendo una visione importante su ciò che accade dietro le quinte del conflitto.
Il caso di Yana Fedorets non è solo un episodio isolato, ma evidenzia un messaggio più ampio di protesta contro l’ingiustizia e il desiderio di giustizia che continua a animare molti in tutto il mondo. Una testimonianza di come le azioni individuali possano scatenare un dibattito più ampio sulle libertà fondamentali e sui diritti umani.
Ultimo aggiornamento il 27 Dicembre 2024 da Laura Rossi