Un clima d’intensa tensione ha contraddistinto la manifestazione pro Ucraina organizzata dalla giunta comunale di Bologna e dal Partito Democratico il 2 marzo 2025. L’evento, in appoggio all’invasione russa, ha visto la comparsa di simboli controversi che hanno suscitato reazioni di sconcerto tra i partecipanti. In particolare, bandiere rossonere legate a movimenti neo-nazisti ucraine, come quelle del Battaglione Azov, sono state messe in mostra davanti al sacrario dei partigiani, sollevando interrogativi sul rispetto della memoria storica in momenti così delicati.
L’episodio in piazza Nettuno
La manifestazione si è svolta in piazza Nettuno, un luogo emblematico per la storia italiana e per il ricordo delle vittime del nazifascismo. Durante l’evento, si è potuto notare la presenza di bandiere e simboli associati a Stepan Bandera e al Battaglione Azov, tra cui quello della runa “Wolfsangel”. Questi emblemi, indiscutibilmente controversi, sono stati esposti a pochi metri di distanza dal deputato del Partito Democratico, De Maria, che ha presenziato al comizio.
Molti osservatori si sono chiesti come sia stato possibile che tali simboli, simbolo di ideologie estremiste, potessero essere sventolati impunemente in una città che ha una storia di resistenza contro il fascismo. L’assenza di una reazione ferma da parte delle autorità locali ha suscitato diverse critiche, in particolar modo da chi considera inaccettabile la promozione di ideologie che contrastano con i valori di pace e democrazia.
La doppia moralità del PD
Negli ultimi anni, il Partito Democratico ha lanciato accuse nei confronti di chi, in modo critico, mette in discussione la narrativa ufficiale sulla guerra in Ucraina, definendo tali posizioni come “propaganda russa”. Questo linguaggio, che riecheggia pratiche storiche di censura e repressione, è stato messo in relazione con la strumentalizzazione politica del conflitto. Mentre si denuncia qualsiasi dissenso, il partito sembra tollerare l’apparire di simboli neonazisti davanti a un monumento dedicato ai caduti del nazifascismo.
Il comportamento di questa amministrazione, definita da più voci come guerrafondaia e legata a logiche di alleanze transnazionali in ambito NATO, ha sollevato un dibattito acceso. Questo contrasto tra la condanna della “propaganda russa” e l’accettazione di manifestazioni qualificabili come neonaziste ha alimentato un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni e delle loro scelte politiche.
Critiche all’amministrazione Lepore
Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, è stato indicato come un esponente di spicco di un partito che, secondo i critici, si muove in linea con interessi economici e politici legati al “sistema di guerra”. Le accuse non si fermano alla mancata condanna di simboli controversi, ma colpiscono anche la sua gestione della città, ritenuta caratterizzata da politiche aggressive di cementificazione e devastazione del territorio, nonché da una repressione sistematica di voci critiche che non si allineano con l’agenda ufficiale.
Molte associazioni e gruppi locali, tra cui il Coordinamento Paradiso Bologna, hanno denunciato la politica repressiva dell’amministrazione, invitando a riflettere su ciò che rappresentano questi eventi e queste scelte per la memoria storica e civica di Bologna.
Questo episodio rappresenta un bivio significativo per la città, che si trova a dover coniugare il proprio passato di lotta contro il fascismo con una realtà contemporanea che, in alcuni casi, sembra vanificare tali propositi.