Come non perdere il Bonus ristrutturazione 2025? Ecco a cosa bisogna prestare attenzione per non vedersi bloccati i fondi e interrotti i lavori.
Con l’avvicinarsi della scadenza per il pagamento dell’acconto IMU 2025, fissata per il 16 giugno, cresce l’attenzione dei contribuenti italiani riguardo alla nuova normativa sui bonus edilizi. È fondamentale chiarire i concetti di “prima casa” e “abitazione principale”, spesso confusi ma che rivestono significati giuridici e fiscali distinti. Questa comprensione non è solo cruciale per una corretta compilazione delle dichiarazioni fiscali, ma anche per massimizzare i benefici delle agevolazioni previste dalla legge.
Bonus ristrutturazioni: come averlo e mantenerlo
La confusione tra “prima casa” e “abitazione principale” è un errore comune tra i cittadini italiani. Sebbene talvolta i due termini possano coincidere, rappresentano in realtà due nozioni diverse, con implicazioni fiscali significative. A partire dal 2025, il bonus ristrutturazione sarà legato a questi concetti. Infatti, le detrazioni fiscali per le spese di ristrutturazione varieranno a seconda che i lavori riguardino l’abitazione principale o un’altra proprietà.
La “prima casa” si riferisce a un concetto legato all’acquisto dell’immobile e alle relative agevolazioni fiscali. L’abitazione principale, al contrario, concerne l’effettivo utilizzo dell’immobile da parte del contribuente e della sua famiglia. È cruciale, dunque, sapere quando un immobile è considerato “prima casa” e quando è identificabile come “abitazione principale”.
Quando si parla di “prima casa”, si fa riferimento a specifici requisiti che consentono di accedere a vantaggi fiscali significativi durante l’acquisto. Tra questi, l’imposta di registro ridotta al 2%, anziché l’aliquota standard del 9%. Per beneficiare di queste agevolazioni, l’acquirente deve soddisfare alcune condizioni:

- L’immobile non deve appartenere a categorie catastali di pregio, come A/1 (abitazioni signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi di pregio artistico o storico).
- L’abitazione deve trovarsi nel comune di residenza dell’acquirente o in quello in cui si impegna a trasferirla entro 18 mesi dall’acquisto. In alternativa, può essere ubicata nel comune di lavoro dell’acquirente.
- Non è possibile possedere, nemmeno in quota, altri immobili residenziali nello stesso comune, né avere diritti reali su abitazioni già acquistate con agevolazioni “prima casa” su tutto il territorio nazionale.
Queste regole sono progettate per garantire che i benefici fiscali siano concessi a chi intende realmente stabilirsi nell’immobile acquistato.
Abitazione principale: residenza e vita quotidiana
La nozione di “abitazione principale” si riferisce invece all’immobile in cui il contribuente e la sua famiglia risiedono stabilmente, rappresentando quindi il luogo di vita quotidiana. La legge di Bilancio 2020 definisce l’abitazione principale come l’unità immobiliare in cui il proprietario e i membri del suo nucleo familiare risiedono e dimorano abitualmente. Questo aspetto è particolarmente rilevante per l’IMU, che non è dovuta sull’abitazione principale, a meno che non si tratti di una casa di lusso.
Inoltre, il concetto di abitazione principale è presente anche nella normativa IRPEF, che prevede benefici fiscali come la deduzione dal reddito imponibile del valore dell’abitazione principale e la detrazione degli interessi passivi sul mutuo contratto per l’acquisto dell’immobile.
Un errore comune tra i contribuenti è quello di assumere automaticamente che l’abitazione in cui vivono sia sempre considerata “prima casa”. Questa errata interpretazione può portare a conseguenze fiscali negative, come la perdita di benefici o, in casi gravi, sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Conoscere le differenze tra queste due nozioni consente di gestire correttamente le scadenze fiscali e di evitare problematiche legate alla tassazione immobiliare.