Un capitolo significativo si è chiuso nel comune di Caivano, in provincia di Napoli, con la conclusione del primo grado del processo che ha investito un sistema di affari illeciti legati a politica, camorra e imprenditoria. La sentenza ha portato a 12 condanne e 2 assoluzioni, ponendo l’accento sulle problematiche di corruzione che affliggono l’area e suscitando attenzione sulla relazione tra criminalità organizzata e amministrazione pubblica.
Una sentenza che fa storia
La sentenza emessa con rito abbreviato ha visto numerosi esponenti dell’amministrazione comunale e membri del clan Angelino condannati per il loro coinvolgimento in un patto criminale che per anni ha regolato le gare d’appalto locali. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha portato in luce un quadro allarmante di collusione che ha determinato lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. I condannati non appartengono solo al mondo della criminalità, ma anche a quello politico, evidenziando un intreccio preoccupante tra le due realtà.
Tra i nomi di spicco condannati troviamo Antonio Angelino, noto come “Tibiuccio”, il quale ha ricevuto una pena di 15 anni e 8 mesi di carcere, e il suo fratello Gaetano, condannato a 15 anni. Un altro esponente di rilievo del clan, Giovanni Cipolletti, è stato condannato a 12 anni, mentre pene inferiori sono state inflitte a Raffaele Lionelli e Massimiliano Volpicelli . Tra i politici, l’ex assessore Carmine Peluso è stato condannato a 5 anni e 8 mesi, mentre altri membri dell’amministrazione hanno subito pene significative.
Le assoluzioni di Angelo Natale e dell’imprenditore Domenico Celiento sembrano smorzare parzialmente la portata della sentenza, ma non tolgono il focus dalla gravità della situazione. Vincenzo Celiento, altro imprenditore, ha ricevuto una condanna di 4 anni e 6 mesi, ribadendo la presenza di affari illeciti anche nel settore privato. La lotta contro la corruzione in questo contesto è solo all’inizio, dato che i difensori degli imputati hanno già annunciato ricorsi in appello.
Il comitato d’affari tra criminalità e politica
L’indagine ha rivelato l’esistenza di un intricante comitato d’affari composto da camorristi, amministratori pubblici e uomini d’affari. Questo sistema, contraddistinto da tangenti e accordi illeciti, ha permesso l’assegnazione delle gare d’appalto comunali a società legate al clan. Le gare, frequentemente bandite dopo che i lavori erano già stati svolti, dimostrano come le operazioni fossero concordate in anticipo tra politici e imprenditori. Questa modalità di operare ha sollevato interrogativi sulla trasparenza e sull’integrità delle istituzioni locali.
L’approccio illecito si presentava come un affare vantaggioso per tutti i soggetti coinvolti. Gli appalti venivano garantiti a costo di compromissione dell’etica pubblica, riducendo al minimo la possibilità di competizione e libere valutazioni nel mercato. La situazione di Caivano non è che un riflesso del più ampio problema della corruzione in Italia, dove i confini tra diritto e illegalità talvolta appaiono sfumati.
La testimonianza dell’ex assessore
Uno dei protagonisti chiave delle indagini è stato proprio Carmine Peluso, l’ex assessore comunale che ha svolto un ruolo cruciale nel tessere i rapporti fra il clan Angelino e gli imprenditori. La sua testimonianza ha gettato nuova luce sulle modalità operative della corruzione. Nella sua dichiarazione, Peluso ha rivelato di aver agito come “garante”, portando alle ditte locali le richieste del clan.
Le sue parole non solo raccontano il suo diretto coinvolgimento, ma anche i meccanismi di appropriamento dei diritti di appalto, alludendo ad un modus operandi che includerebbe il prelievo di tangenti per i servizi forniti. L’ex assessore ha confessato di essersi assicurato appalti a ditte di sua scelta, ottenendo in cambio pacchetti di denaro che variano da 500 a 3000 euro per ogni lavoro assegnato.
Il processo ordinario: altre indagini in corso
Parallelamente ai risultati ottenuti con il rito abbreviato, ci sono anche 11 indagati che hanno scelto di affrontare il procedimento con il rito ordinario. Tra questi si trovano tre politici e alcuni imprenditori. Le audizioni per il loro processo sono appena iniziate, segnando l’inizio di un secondo capitolo di questa complessa vicenda.
Questa situazione denuncia non solo la presenza di un sistema corrotto ma anche la persistenza delle infiltrazioni mafiose nelle istituzioni pubbliche. Il contesto di Caivano, segnato da decenni di malaffare, è ora messo sotto la lente d’ingrandimento. La sentenza attuale rappresenta soltanto un passo verso il ripristino della giustizia, ma l’ombra della camorra continua a gravare su un territorio che per decenni ha subito abusi e violazioni dei diritti civili.