Calciatori africani a rischio malaria: Boulaye Dia e la profilassi dimenticata

L’infarto di Boulaye Dia, causato dalla malaria contratta in Senegal, evidenzia l’importanza della profilassi per i calciatori africani che viaggiano nei loro Paesi d’origine.
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Calciatori africani a rischio malaria: Boulaye Dia e la profilassi dimenticata - Gaeta.it

Il recente infarto di Boulaye Dia, attaccante della Lazio, dovuto alla malaria contratta in Senegal durante un impegno con la Nazionale, mette in luce un problema di salute che affligge molti calciatori africani. Quando tornano nei loro Paesi d’origine, dove la malaria è endemica, si trovano a dover affrontare rischi significativi per la loro salute. A febbraio, un episodio simile aveva colpito Christian Kouamé della Fiorentina, tornando dalla Coppa d’Africa. Difatti, la malaria continua a rappresentare una minaccia per molti sportivi, soprattutto per quelli che hanno vissuto a lungo in Europa e hanno perso la semi-immunità.

Perché i calciatori devono considerare la profilassi

Molti atleti africani che vivono in Europa non sono sufficientemente informati sui rischi associati alla malaria, nonostante gli esperti suggeriscano vivamente di sottoporsi a una profilassi. Emanuele Nicastri, direttore dell’Unità di Malattie infettive ad alta intensità di cura dell’INMI Spallanzani di Roma, afferma che “la profilassi può ridurre notevolmente il rischio di contrarre la malattia”. “Una pasticca al giorno non compromette le prestazioni sportive e ha una protezione superiore al 95% contro la malaria e oltre il 99% contro le forme gravi della malattia,” sottolinea Nicastri.

La profilassi è raccomandata, anche se non obbligatoria, ma è più che mai essenziale per chi viaggia in aree a rischio. Le conseguenze dell’infezione possono essere devastanti per un atleta professionista, in grado di mettere in crisi la propria carriera. È importante che i calciatori non sottovalutino questo aspetto e siano consapevoli dell’importanza di proteggersi prima di un viaggio nei loro Paesi natali.

La storia della malaria nel mondo sportivo

La malaria è una malattia infettiva pericolosa e, storicamente, ha portato anche alla morte di personaggi illustri, come Fausto Coppi. L’icona del ciclismo italiano, tornato dal Burkina Faso negli anni ’60, morì a causa di malaria non diagnosticata inizialmente, dopo aver trascurato la profilassi. Il suo caso è una testimonianza drammatica dell’importanza di fare la profilassi.

Oggi, nonostante le campagne di sensibilizzazione e le conoscenze mediche avanzate, ci sono ancora casi di malaria in Italia, relazionati a persone tornate da viaggi in Africa. Tra i calciatori professionisti, la consapevolezza riguardo ai rischi è fondamentale per garantire non solo la salute individuale, ma anche per preservare il benessere delle squadre in cui giocano.

L’importanza della consapevolezza e della preparazione

Il messaggio chiaro che gli esperti vogliono trasmettere è che i calciatori dovrebbero essere proattivi nella loro cura. Prepararsi adeguatamente prima di un viaggio in un’area a rischio è cruciale e richiede molta attenzione. La profilassi della malaria è un passo semplice ma necessario.

La responsabilità non è solo dei singoli calciatori, ma anche delle società calcistiche e degli staff medici. È fondamentale che vengano create politiche preventive solide in grado di educare i giocatori sui rischi legati ai viaggi e sull’importanza della profilassi. I club sportivi dovrebbero attivarsi affiancandosi a professionisti per fornire informazioni chiare e precise su come affrontare questi viaggi senza compromettere la salute generale degli atleti.

L’episodio di Boulaye Dia serve da campanello d’allarme sia per i calciatori che per le istituzioni sportive. La prevenzione deve diventare una priorità, affinché non si verifichino più incidenti simili.

Ultimo aggiornamento il 15 Novembre 2024 da Laura Rossi

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