Caos in Parlamento serbo: scontri e fumogeni caratterizzano l'inizio della sessione legislativa

Caos in Parlamento serbo: scontri e fumogeni caratterizzano l’inizio della sessione legislativa

Tensioni politiche in Serbia esplodono nel Parlamento, con scontri violenti e proteste di studenti che chiedono giustizia dopo la tragedia di Novi Sad e denunciano corruzione governativa.
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Caos in Parlamento serbo: scontri e fumogeni caratterizzano l'inizio della sessione legislativa - Gaeta.it

Le recenti tensioni politiche in Serbia hanno raggiunto un nuovo apice con l’apertura della prima sessione del Parlamento, che ha visto un violento scontro tra opposti schieramenti. I fatti che si sono svolti a Belgrado, in particolare l’accensione di fumogeni e l’uso di violenza, hanno attirato l’attenzione non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. Le manifestazioni che hanno animato le strade del paese balcanico, principalmente orchestrate da studenti, hanno riversato il loro malcontento nelle aule parlamentari, evidenziando un clima di forte disagio.

Scontri senza precedenti nell’aula del Parlamento serbo

Il Palazzo del Parlamento di Belgrado è diventato teatro di una violenta protesta che ha sorpreso molti osservatori. Appena iniziati i lavori, l’opposizione ha dato avvio a manifestazioni di disapprovazione, culminando in una serie di scontri fisici. La tensione è montata rapidamente, fino a trasformarsi in atti di violenza aperta con l’accensione di fumogeni. Tre parlamentari, tra cui una donna incinta all’ottavo mese, hanno riportato ferite significative e sono state trasportate in ospedale colpite da intossicazione da fumi tossici e diversi traumi.

Le manifestazioni non sono state limitate all’interno delle mura parlamentari; gli studenti e altri cittadini hanno preso parte anche all’esterno, continuando le loro richieste di giustizia e trasparenza. Il video che documenta gli incidenti ha fatto il giro del mondo, catturando l’attenzione anche dei media internazionali, e contribuendo a mettere in luce il grado di instabilità politica che Serbia sta vivendo.

Origine delle tensioni: la tragedia di Novi Sad e le accuse di corruzione

Le proteste in Serbia affondano le radici in eventi tragici avvenuti lo scorso novembre, quando il crollo di una tettoia nella stazione di Novi Sad ha causato la morte di quindici persone. Questo evento ha scatenato un’ondata di indignazione pubblica, con gli studenti che hanno organizzato manifestazioni per ottenere chiarezza e responsabilità da un governo ritenuto incapace di tutelare i propri cittadini. Alcuni manifestanti hanno incolpato direttamente i vertici del governo per non aver assunto le giuste misure preventive, contribuendo alla tragedia.

All’interno di quest’atmosfera di collera, l’opposizione ha deciso di portare le tensioni sociali nelle aule del Parlamento, utilizzando l’arte della protesta per evidenziare le questioni di corruzione e mancanza di trasparenza che affliggono il governo. La situazione attuale sta mettendo alla prova la tenuta del governo serbo e la fiducia dei cittadini nell’istituzione.

La ferma risposta della presidente Ana Brnabic

Ana Brnabic, presidente del Parlamento, ha risposto in maniera ferma agli incidenti avvenuti in aula. I media serbi riportano le sue dichiarazioni incisive, in cui ha sottolineato che, nonostante il tentativo di bloccare il processo legislativo, la Serbia non si fermerà nel suo sviluppo. Brnabic ha addirittura affermato che “la vostra rivoluzione è fallita”, dimostrando una forte determinazione a mantenere il controllo anche in un clima di violenza e conflitto.

Le proteste continuano a riflettere un malessere sociale profondo, che oltre alla richiesta di giustizia per la tragedia di Novi Sad, si alimenta da una più ampia richiesta di cambiamento nel panorama politico serbo. Con il primo ministro Milos Vucevic che ha già rassegnato le dimissioni, il discontento nei confronti del governo guidato dal presidente Aleksandar Vucic rimane palpabile. La sfida ora per l’istituzione è trovare una via d’uscita da questa crisi che sembra non accennare a placarsi, mentre i cittadini continuano a rivendicare i loro diritti e la loro sicurezza.

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