Un dramma familiare si è consumato a Genova il 6 marzo 2023, quando Sharmin Sultana, 32 anni, è stata trovata morta in circostanze tragiche. Il marito, Ahmed Mustak, 44 anni, è accusato di averla uccisa e di aver travisato la verità spacciando l’atto per suicidio. Durante il processo, Mustak ha fornito un racconto degli eventi che ha sollevato molte domande sulla dinamica di quella fatidica serata.
La ricostruzione dell’accaduto
Ahmed Mustak ha raccontato, durante il suo esame in aula, di un litigio avvenuto tra le 19 e le 19:30. A suo dire, la situazione è degenerata quando Sharmin lo ha colpito, facendolo cadere. In quel momento, Mustak sostiene di aver risposto colpendo i piedi della moglie. Secondo la sua versione, Sharmin è caduta e ha battuto la testa su un grande blocco di pietra, un oggetto utilizzato per la macinazione delle spezie, che era presente in casa. Questa ricostruzione ha suscitato scetticismo tra le autorità, soprattutto in considerazione del fatto che Mustak ha modificato più volte la sua versione dei fatti.
Mustak ha poi spiegato che, dopo l’incidente, ha notato una perdita di sangue dalla testa della moglie e ha cercato di ripulire il pavimento. Dichiarando di averla toccata, ha affermato di essersi reso conto che non respirava più, ma non ha contattato i soccorsi per paura di non essere creduto. Questo passaggio ha sollevato interrogativi sulla sua responsabilità e sulle reali motivazioni dietro la sua scelta di non chiedere aiuto immediato.
Il comportamento sospetto e la pulizia della scena del crimine
Durante il suo racconto, Mustak ha descritto le fasi successive all’incidente, rivelando dettagli inquietanti. Ha spiegato che uno dei suoi figli ha visto la madre a terra, ma lui ha deciso di mandare i bambini in camera da letto. Surreale è la modalità con cui ha gestito la situazione: dopo aver preparato cibo per i figli, con il corpo della moglie a pochi passi, ha continuato a pulire la scena. Questi comportamenti, uniti alla decisione di spostare il corpo di Sharmin e di disfarsene gettandolo dalla finestra, hanno alimentato l’ipotesi di un omicidio volontario.
L’accusa, sostenuta dal pubblico ministero Marcello Maresca, ha presentato Mustak come un uomo con un’intenzione omicida verso la moglie, evidenziando che i due stavano attraversando un periodo difficile. Solo sette mesi prima della morte di Sharmin, la coppia sembrava avere già problemi significativi. Il fatto che Sharmin avesse un colloquio di lavoro il giorno della sua morte e che fosse attiva sui social media ha reso particolarmente tesa la relazione, secondo quanto riferito.
Testimonianze chiave nel processo
Nel corso del procedimento legale, hanno prestato testimonianza anche amici e conoscenti di Sharmin. Una delle testimoni, una cara amica di Sharmin, ha condiviso la sua esperienza e il rapporto che aveva con la vittima. Descrivendo le liti che avvenivano tra Sharmin e Mustak, ha rivelato di essersi preoccupata quando non ha ricevuto più notizie da lei. Quando ha contattato Mustak per avere informazioni, è stata sorpresa dalla sua affermazione secondo cui Sharmin si era suicidata. Questa affermazione ha suscitato in lei dei dubbi, al punto che ha avvertito le autorità e contattato un centro antiviolenza per segnalare la situazione.
Le testimonianze raccolte suggeriscono una storia di violenza domestica e controllo. In un’epoca in cui il femminicidio è un tema tristemente attuale, il caso di Sharmin Sultana si inserisce in un contesto più ampio di lotta contro la violenza sulle donne. Le dinamiche relazionali tra la coppia, il contesto delle testimonianze e le versioni contrastanti di Ahmed Mustak pongono interrogativi su giustizia e verità.
Il processo continua a svolgersi, e ogni dettaglio emerso in aula contribuisce a dipingere un quadro complesso e inquietante della tragica morte di Sharmin.