Oggi, mercoledì 29 gennaio, la Cassazione è stata chiamata a decidere sulla questione della competenza territoriale relativa all’indagine che coinvolge la ministra del Turismo, Daniela Santanché. Questo caso si concentra su presunti illeciti legati all’erogazione della cassa integrazione durante il periodo di emergenza sanitaria causata dal Covid-19. La vicenda ha attratto l’attenzione mediatica, con implicazioni significative sia per la politica che per il funzionamento delle istituzioni.
Il contesto dell’indagine
L’udienza in Cassazione è il seguito di una precedente decisione presa dal giudice per le indagini preliminari di Milano, Tiziana Gueli, che lo scorso 23 ottobre aveva riconosciuto un’eccezione di giurisdizione sollevata dalla difesa. Questo passaggio ha portato a una richiesta di chiarimenti sui motivi per cui l’inchiesta dovrebbe rimanere a Milano oppur essere trasferita alla procura di Roma. Adesso i giudici di piazzale Clodio dovranno esaminare la questione e decidere come procedere, un processo che potrebbe richiedere tempo e ampliare ulteriormente i tempi di risoluzione della controversia.
La minaccia di una truffa aggravata all’INPS costituisce il cuore dell’inchiesta, con la ministra e il compagno Dimitri Kunz d’Asburgo, oltre a Paolo Giuseppe Concordia e altre entità legate al gruppo Visibilia, sotto scrutinio. L’azione legale si concentra su presunti comportamenti fraudolenti, nello specifico sull’assegnazione della cassa integrazione a dipendenti che avrebbero continuato a lavorare, generando un danno economico significativo all’ente pubblico.
Le posizioni delle parti coinvolte
La difesa di Santanché, rappresentata dall’avvocato Nicolò Pelanda, sostiene che la sede legale della questione debba essere a Roma. Secondo la difesa, la questione è giustificata dal fatto che l’INPS ha i suoi server nella Capitale e il primo versamento relativo alla cassa integrazione è avvenuto su un conto romano. Questa posizione, sebbene solida sul piano legale, deve confrontarsi con le opinioni della procura, che afferma invece che la condotta illecita si è protratta a livello continuo su tutto il personale coinvolto, con l’ultimissimo pagamento effettuato su un conto milanese.
Di fronte a queste accuse, risulta fondamentale il contesto di lavoro dei dipendenti coinvolti. Oltre alla ministra, anche altri 13 lavoratori sono stati menzionati nell’indagine. Si fa riferimento a ben sei ex dipendenti dell’Editore e sei della Concessionaria, che, nonostante risultassero in cassa integrazione, hanno continuato a esercitare le loro funzioni nel corso della crisi sanitaria.
Le dichiarazioni della ministra e la sua posizione
Nel fronteggiare le critiche, Daniela Santanché ha recentemente rilasciato dichiarazioni forti per difendere la propria reputazione. Le opposizioni hanno chiesto le sue dimissioni, ma la ministra ha risposto con fermezza. Durante un’intervista, ha messo in dubbio l’affidabilità di alcune ricostruzioni giornalistiche, sostenendo che le interpretazioni fornite dalla stampa non corrispondono ai fatti e si basano su giudizi preconcetti. Santanché ha affermato di possedere registrazioni che possono smentire le false attribuzioni di dichiarazioni.
Ha chiaramente espresso il suo attaccamento al suo partito, dichiarando che non si sognerebbe mai di ignorare una richiesta del premier riguardo le proprie dimissioni. Questa rassicurazione evidenzia il suo impegno in FdI e la volontà di difendere la propria posizione, nonostante la tempesta mediatica e politica in corso intorno alla vicenda Visibilia.
Con il procedimento in Cassazione che avanza, l’attenzione sul caso rimane alta, e l’esito della decisione potrebbe avere ripercussioni significative non solo per Santanché, ma per l’intera struttura politica che la sostiene.
Ultimo aggiornamento il 29 Gennaio 2025 da Laura Rossi