Cecilia Sala, giornalista italiana, condivide la sua esperienza di detenzione nel carcere di Evin in Iran, dove è rimasta per 21 giorni. Intervistata da Fabio Fazio nella trasmissione “Che tempo che fa“, Sala narra le emozioni e le difficoltà di quel periodo, esprimendo preoccupazione per coloro che continuano a subire la stessa sorte. La sua testimonianza non è solo una narrazione personale, ma un richiamo all’attenzione sulle condizioni dei detenuti in Iran e sul loro diritto alla protezione.
Interrogatori e isolamento: il calvario di Cecilia
Cecilia Sala descrive l’angoscia dei suoi interrogatori, avvenuti in un clima di paura e incertezza. Racconta di essere stata portata via dalla sua camera d’albergo, accecata da un cappuccio, e di essere diventata consapevole della sua situazione dal rumore della strada. Durante le prime due settimane di detenzione, gli agenti la sottoponevano a interrogatori quotidiani. L’ultimo giorno, le furono imposte dieci ore di attesa, sempre incappucciata, prima di essere interrogata nuovamente. Sala sottolinea il grande impatto psicologico di quella situazione, che la portò a crollare in uno degli interrogatori, dove ricevette una pasticca per calmarsi.
L’isolamento, spiega, rappresentò un momento drammatico nella sua esperienza. I suoni strazianti delle altre celle, tra cui urla e pianti, si mescolavano ai suoi pensieri e alle sue paure. Una particolare scena la colpì profondamente: una giovane donna accanto a lei, sempre in preda alla disperazione, che ripetutamente si sbatteva la testa contro la porta della cella. Durante le rarissime telefonate, Sala confidava al suo compagno la sua paura di perdere il controllo, evidenziando la fragilità mentale che aveva sviluppato in quel contesto.
Paura per il futuro: la crisi mediorientale e Donald Trump
Cecilia riflette anche sull’imminente crisi politica globale e sull’insediamento previsto di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti. La sua paura si trasformò in un conto alla rovescia angosciante; se il nuovo presidente avesse annunciato ritorsioni contro l’Iran, la sua situazione avrebbe potuto aggravarsi ulteriormente. La sensazione di essere un ostaggio divenne concreta quando, ricevendo la notizia della morte di Jimmy Carter, comprendendo l’importanza della sua condizione, Sala realizzò quanto fosse vulnerabile.
La sola notizia di cui fu a conoscenza durante la sua detenzione confermò i suoi timori. “In quel momento – afferma Sala – ho capito quale fosse la mia condizione“, lasciando intendere quanto possa essere devastante la mancanza di comunicazione e informazioni in una situazione di isolamento.
Il contatto con Elon Musk e il momento della liberazione
Durante l’intervista, Sala ha menzionato il presunto coinvolgimento di Elon Musk, chiarendo che mai nessuno dalla sua famiglia ha avuto diretto contatto con lui. Il suo compagno aveva soltanto cercato di far arrivare notizie tramite un referente, Andrea Stroppa. Tuttavia, la risposta fu di poche parole, lasciando a Sala la sensazione di essere abbandonata, lontana dalla possibilità di interventi esterni.
La narrazione di Sala culmina con il suo rilascio. La mattina dell’8 gennaio, inizialmente scettica su chi potesse venire a prenderla, temeva che fossero i pasdaran. Ma l’incontro con una figura conosciuta e italiana all’aeroporto militare le portò un’immensa gioia. In un attimo, quell’incertezza si trasformò in un abbraccio sincero con il compagno e i genitori, segnando un momento di liberazione e speranza. La sua testimonianza si chiude con un chiaro messaggio: finché la Repubblica Islamica sarà in piedi, il suo ritorno in Iran rimane escluso.
Ultimo aggiornamento il 19 Gennaio 2025 da Elisabetta Cina