A Genova, oggi, si è tenuta una messa commemorativa nella Basilica dell’Annunziata, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio per onorare la memoria dei senza dimora venuti a mancare nel corso del 2024. Questo evento ha richiamato oltre duecento partecipanti, tra cui volontari e membri della comunità, che si sono uniti per riflettere su un anno particolarmente difficile per i senzatetto della città. Dodici le vittime registrate, segnando un incremento rispetto agli anni passati, con cinque di loro che hanno perso la vita all’aperto, nei luoghi più vulnerabili della vita urbana.
La realtà dei senza dimora a Genova
La Comunità di Sant’Egidio ha avuto un ruolo cruciale nel fornire assistenza ai senza dimora genovesi. Ogni sera, i volontari si sono dedicati alla distribuzione di pasti caldi e copertine, creando un legame profondo con queste persone. Don Maurizio Scala, alla guida di queste iniziative, ha sottolineato la necessità di non dimenticare queste vite spezzate, esortando a un impegno rinnovato per affrontare il problema della povertà estrema in città.
Durante la messa, i nomi dei defunti sono stati letti ad alta voce, trasformando l’evento in un momento di intensa riflessione collettiva. La comunità si è così unita nel dolore e nella memoria, scegliendo di dare riconoscimento a ciascuna vita perduta.
Storie di vita e di tragedia
Le letture non hanno solo rappresentato una mera commemorazione, ma hanno riportato alla luce storie personali cariche di emozione. Uno degli ultimi nomi letti è stato quello di Paolo, un uomo di 66 anni, che ha perso la vita il 27 gennaio di quest’anno in Corso Montegrappa. Altri nomi, come Manuela e Angelo, hanno fatto riaffiorare ricordi di persone che avevano una presenza vivace nelle strade di Genova. Manuela, ad esempio, era conosciuta per il suo sorriso contagioso e i suoi vestiti colorati, elementi che rendevano più dignitosa l’ora del pasto condiviso. Angelo, invece, aveva appena trovato una casa nel centro storico prima di morire tragicamente sui binari della stazione Brignole.
Le storie di queste persone raccontano di una vita quotidiana segnata dalla precarietà, dove la sopravvivenza diventa una sfida costante. L’aspettativa media di vita per chi vive in strada è di circa 65 anni, venti in meno rispetto al resto della popolazione italiana. Questa distanza evidenzia la necessità di interventi più incisivi per migliorare la situazione dei senza dimora, rendendo urgente la creazione di percorsi di reintegrazione sociale.
La chiamata all’azione
Durante il suo intervento, Don Maurizio Scala ha messo in evidenza la responsabilità collettiva nel non lasciare inascoltate le storie di vita dei senza dimora. Il suo appello non si limita a una semplice commemorazione, ma si configura come un invito a ripensare l’approccio verso questi individui. Non bastano i servizi di accoglienza, come ad esempio i dormitori; è fondamentale garantire alloggi stabili e progetti di reintegrazione a lungo termine.
La celebrazione, carica di emozioni, si è trasformata in un pungolo per la società civile genovese, affinché si risvegli la sensibilità e la solidarietà verso le persone che vivono in condizioni di estrema vulnerabilità. È un’opportunità per rimettere al centro la dignità umana e lavorare insieme per costruire una città più inclusiva e giusta.
Il ricordo dei senza dimora non deve diventare solo un rito annuale, ma un imperativo per tutti, affinché la memoria di chi è venuto a mancare possa essere trasformata in azione e cambiamento sociale.