Chiara Appendino e il nuovo processo per la strage di piazza San Carlo: ecco cosa è emerso

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Chiara Appendino e il nuovo processo per la strage di piazza San Carlo: ecco cosa è emerso - Fonte: Giornalelavoce | Gaeta.it

Il caso di Chiara Appendino, ex sindaca di Torino, torna al centro dell'attenzione pubblica a seguito della recente decisione della Cassazione, che ha disposto un nuovo processo di appello. L'evento tragico di piazza San Carlo, avvenuto durante la finale di Coppa tra JUVENTUS e REAL MADRID del 2017, ha lasciato un segno profondo nella memoria della città, con due vittime e oltre 1.600 feriti. Le motivazioni fornite dai giudici offrono nuovi dettagli sulla responsabilità dell'ex sindaca riguardo all'organizzazione della manifestazione.

Le responsabilità di Chiara Appendino

L'influenza sulle decisioni organizzative

Dalle motivazioni della Cassazione, emerge chiaramente che Chiara Appendino non ha avuto un ruolo passivo nella gestione dell'evento. La ex sindaca ha attivamente partecipato alle decisioni riguardanti non solo la proiezione della partita, ma anche la scelta del luogo e dell'ente che si è occupato dell’organizzazione. Queste scelte, tuttavia, hanno sollevato interrogativi riguardo alla loro sostenibilità, soprattutto in termini di sicurezza. La Cassazione ha infatti evidenziato come Appendino non abbia valutato adeguatamente i potenziali rischi connessi, dimostrando una certa superficialità nella preparazione dell'evento.

L'omissione di norme di sicurezza

Ulteriore punto critico sollevato dai giudici riguarda la mancata adozione dell'ordinanza antivetro, fondamentale per garantire un livello minimo di sicurezza in situazioni di grande folla. Questo è considerato un dettaglio cruciale che ricade nella fase organizzativa dell'evento, e la sua omissione ha avuto impatti diretti sulle conseguenze tragiche della manifestazione. La mancanza di misure preventive adeguate è stata vista come una sua negligenza, la quale ha contribuito al drammatico esito della serata.

Il nuovo processo e le motivazioni della Cassazione

L'irrevocabile responsabilità penale

Il 17 giugno scorso, la Cassazione ha dichiarato "irrevocabile" la responsabilità penale di Appendino per tutti i capi di imputazione. Secondo la decisione del tribunale, la condanna iniziale a 18 mesi di reclusione, per reati come disastro, omicidio e lesioni, è stata giudicata corretta. Tuttavia, è stato richiesto un ricalcolo della pena, soprattutto alla luce del fatto che Appendino era stata prosciolta dall'accusa di lesioni per dieci feriti. Questo ha portato a quella che i giudici hanno definito una "palese violazione del divieto di reformatio in peius”, cioè la regola che impedisce un aggravamento della pena in appello.

La previsione degli eventi fatali

Nei documenti della Cassazione è messo in chiaro che la prevedibilità dell'evento fatale non deve essere valutata solo in base alla causa diretta, come l'uso di spray urticante da parte di rapinatori, ma piuttosto in riferimento alle conseguenze di tale azione, ovvero il panico che ne è derivato. I giudici hanno affermato che questo panico collettivo rappresenta un aspetto cruciale nella ricostruzione della dinamica della tragedia, in quanto era un esito che avrebbe potuto essere previsto e gestito meglio, se le misure di sicurezza fossero state adottate con più attenzione.

L'importanza della preparazione

Una scelta contestata

Una delle accuse maggiori mosse nei confronti di Appendino è la scelta del luogo in cui è stata effettuata la proiezione della partita. La Cassazione ha sottolineato l'importanza di un'attenta riflessione circa il contesto urbano e il numero previsto di partecipanti. La scelta di un'unica area con un maxischermo ha amplificato la possibilità di affollamento, rendendo il contesto ancora più complesso dal punto di vista della sicurezza. Questo elemento, unito alla scarsità del tempo disponibile per l’organizzazione, ha contribuito a evidenziare una preparazione non adeguata.

L'impegno apparente e le realtà sottovalutate

Infine, è emerso che la comunicazione di Appendino, che sottolineava il suo impegno per una preparazione meticolosa dell'evento, contrasta con le evidenze della Cassazione che parlano di superficialità e sottovalutazione dei rischi. Ciò solleva interrogativi sull'effettivo rispetto delle norme di sicurezza e sulla capacità degli organizzatori di gestire una manifestazione di queste proporzioni in modo corretto e responsabile. La questione di fondo resta quindi aperta, con la città di Torino che continua a fare i conti con le ferite lasciate dall'evento tragico e con le responsabilità legate a una cattiva gestione della sicurezza pubblica.

Ultimo aggiornamento il 18 Settembre 2024 da Donatella Ercolano

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