La valorizzazione delle chiese monumentali di Napoli è una sfida che ha appena preso piede, dando vita a nuove opportunità di incontro e cultura. Quest’idea, che mira a trasformare questi luoghi sacri in “case del popolo”, è stata al centro di una manifestazione svoltasi presso la Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli. Durante l’inaugurazione della mostra “Moto d’origine” dell’artista Gianluigi Maria Masucci, sono emerse le parole chiave del progetto: “ricordare, rimembrare, toccare, custodire“. Don Antonio Loffredo, noto per il suo impegno nel Rione Sanità, ha condiviso le sue visioni per il futuro di queste chiese, promuovendo una maggiore apertura al pubblico e la realizzazione di eventi culturali.
Un progetto di apertura e inclusione
Il cuore del progetto mira a incentivare l’apertura delle chiese monumentali per l’intero anno, in particolare in occasione dell’Anno Santo. Don Loffredo ha sottolineato l’importanza di rendere queste chiese accessibili tutto il giorno, trasformandole in centri culturali che favoriscano la partecipazione della comunità locale e dei turisti. L’idea di utilizzare questi spazi non solo per il culto, ma anche per eventi artistici e culturali, rappresenta un cambio di paradigma. La Chiesa di Sant’Aniello ha fatto da apripista, fungendo da esempio di questo nuovo approccio, in cui culto e cultura si intrecciano, permettendo a tutti di “abitare” questi luoghi.
L’Arcidiocesi si sta impegnando in un processo di riappropriazione del proprio patrimonio, affrontando con determinazione le sfide che si presentano. Come affermato da don Antonio, il lavoro sarà sostenuto da una nuova Fondazione voluta dal vescovo, con l’obiettivo di mantenere aperte le chiese selezionate, coinvolgendo anche i giovani. La speranza è quella di restituire a Napoli la bellezza e la vitalità di queste strutture storiche, rendendole nuovamente parte integrante della vita cittadina.
La sinergia tra culto e cultura
Il dibattito sull’apertura delle chiese ha sollevato questioni fondamentali relative alla natura stessa di questi luoghi. Don Loffredo ha chiarito che sebbene ogni chiesa rimarrà sempre un luogo di culto, possono e devono diventare anche spazi per la cultura. “Culto e cultura hanno la stessa radice“, ha affermato con convinzione. Questo approccio olistico propone di dimensionare le chiese come “case dei figli di Dio” dove si può sperimentare tutto: dalla preghiera alla musica, dalla danza alla riflessione artistica.
Secondo il sacerdote, si tratta di riconnettere una comunità frammentata, restituendo a ciascuna chiesa il proprio significato originario e il proprio posto nella città. Ogni chiesa non è solo un edificio religioso, ma parte di un corpo vivente, una comunità che ha bisogno di essere nutrita e valorizzata. Con la volontà di aprire le porte di questi luoghi, l’invito è a considerare le chiese come spazi dove l’arte e la spiritualità possano convivere senza conflitti.
Promuovere un incontro sensoriale
Il progetto ha anche l’obiettivo di rendere questi spazi percorsi multisensoriali, invitando i visitatori a un’esperienza a tutto tondo. Don Antonio ha sottolineato la necessità di “toccare” e “custodire” i luoghi di culto. L’idea è di trasformare le chiese in centri di incontro per tutte le esperienze umane, dove ognuno possa legare, attraverso la musica, il teatro e l’arte, alla ricchezza del patrimonio storico-artistico presente.
In questo contesto, la musica, la scultura e la pittura non sono semplici decorazioni, ma elementi che arricchiscono l’esperienza dei visitatori e rendono vivi i luoghi sacri. La partecipazione attiva della comunità è considerata fondamentale: le chiese devono tornare a essere spazi di vita, visitabili e vissuti da tutti. Don Antonio ha espresso la volontà di prevedere eventi che coinvolgano la intera gamma dei sensi, offrendo quindi un’ esperienza immersiva per tutti, invitando la città di Napoli a un dialogo aperto e affettuoso con le sue radici storiche.
Custodire il patrimonio per le generazioni future
Il messaggio finale di don Loffredo è chiaro: il compito di oggi è quello di custodire questi spazi per coloro che verranno. La Fondazione voluta dal vescovo è un passo importante per coinvolgere la comunità nel mantenimento di queste ricchezze. Attraverso piccole donazioni, anche di solo un euro, i cittadini possono diventare parte attiva di questo processo di recupero e valorizzazione.
“Siamo umanità“, ha ribadito don Antonio, sottolineando l’importanza di considerare il patrimonio culturale come un bene comune. L’arte non è solo un atto di bellezza, ma un modo per risvegliare in ogni persona un senso di appartenenza, invitando tutti a contribuire con il proprio supporto. La scossa culturale che Napoli sta vivendo potrebbe realmente trasformare la percezione dei suoi luoghi sacri, rendendoli vere e proprie case di cultura per il futuro della città.
Ultimo aggiornamento il 12 Dicembre 2024 da Sofia Greco