L’inchiesta “Ducale”, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria sotto la guida del procuratore Giuseppe Lombardo, ha visto la conclusione delle indagini su presunti legami tra la cosca Araniti di Sambatello e alcuni esponenti politici locali. Gli sviluppi di questo caso pongono sotto esame le elezioni regionali e amministrative del 2020 e 2021, rivelando interconnessioni preoccupanti tra la criminalità organizzata e la politica.
Indagati nel mirino della giustizia
Un totale di 24 persone è stato notificato dell’avviso di conclusione delle indagini. I procuratori aggiunti Stefano Musolino e Walter Ignazitto, insieme al pm Salvatore Rossello, hanno messo nel mirino anche nomi di rilievo politico. Tra gli indagati figurano Giuseppe Neri, capogruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio regionale calabrese, e Giuseppe Sera, consigliere comunale del Partito Democratico. Le accuse riguardano lo scambio elettorale politico-mafioso, una fattispecie penale che la Procura ha considerato sufficiente per richiedere gli arresti dei due. Tuttavia, queste richieste sono state respinte dal gip e successivamente dal Tribunale del Riesame.
Le indagini hanno inoltre rivelato il coinvolgimento di figure emergenti, con nuovi nomi che non erano stati citati nei precedenti sviluppi dell’operazione. La Dda ha ampliato il suo focus su Michele Marianò, ex consigliere comunale e attualmente membro del comitato provinciale della Lega. Si aggiunge Domenico Rugolino, associato alla sua cosca di Catona, entrambi accusati di estorsione e trasferimento fraudolento di valori aggravato.
Gli indagati principali e il loro ruolo
Tra i nomi più significativi figurano il boss Domenico Araniti e suo genero Daniel Barillà . Questi due individui sono ritenuti centrali nella trama di collusione tra la politica e la criminalità organizzata. In particolare, Barillà è considerato l’intermediario tra la cosca e i rappresentanti politici, svolgendo un ruolo cruciale nel facilitare le relazioni e le operazioni illecite. L’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso grava quindi su di loro, evidenziando un sistema che beneficia non solo di attività illecite ma anche di complicità istituzionali.
Analizzando la posizione di Araniti e Barillà , emerge un quadro complesso: non si tratta soltanto di un’infiltrazione della mafia nel tessuto politico, ma di una strategia ben congegnata per influenzare le decisioni pubbliche a favore degli interessi mafiosi. Questi legami sono stati giudicati allarmanti dalla Dda, che continua a indagare sulle modalità attraverso le quali la ‘ndrangheta può esercitare il proprio potere.
Estorsione e interessi economici della ‘ndrangheta
Le accuse di estorsione e trasferimento fraudolento di valori aggravato ai danni di Marianò e Rugolino pongono in luce un’altra dimensione dell’inchiesta. Questi indagati avrebbero operato per favorire gli interessi economici della ‘ndrangheta, utilizzando modalità operative molteplici per nascondere le tracce delle loro attività illecite. Secondo le informazioni raccolte, Marianò e Rugolino erano coinvolti con l’impresa “Lido dello Stretto” di Catona, una situazione che ha sollevato preoccupazioni riguardo all’impatto che tali attività avevano sull’economia locale.
Le operazioni di estorsione perpetrate da questi individui avrebbero avuto l’intento di esercitare pressione sui soggetti commerciali e di garantire un controllo sempre più forte su imprese e attività economiche della zona. Questo aspetto del caso riflette la natura interconnessa delle attività illegali e delle dinamiche socio-economiche locali, suggerendo che la lotta contro la criminalità organizzata richiede un approccio multidimensionale e coordinato.
L’andamento dell’inchiesta “Ducale” non solo illumina i legami tra mafia e politica, ma offre anche spunti su come affrontare il problema dell’infiltrazione mafiosa nelle istituzioni e nel tessuto economico regionale, sottolineando la necessità di interventi decisi e mirati.