La recente chiusura del reparto Disturbi Alimentari del Policlinico Umberto I, programmata per la pausa estiva, ha sollevato preoccupazioni tra le famiglie e le associazioni di settore. Con la riapertura fissata per il 26 agosto, i pazienti temporaneamente dimessi vengono seguiti in ambulatorio, mentre è garantita la gestione delle emergenze. Il focus rimane sulla necessità di potenziare i servizi dedicati a queste problematiche che continuano a crescere, specialmente tra i giovani.
La chiusura del reparto e le sue implicazioni
Un’estate di incertezza per le pazienti
Il reparto Disturbi Alimentari del Policlinico Umberto I chiuderà per oltre un mese, creando una situazione di preoccupazione e incertezza per i pazienti e le loro famiglie. Daniela Bevivino, presidente dell’associazione Fenice Lazio, ha sottolineato l’importanza di questo reparto, specializzato nell’accoglienza di pazienti con grave anoressia nervosa e bulimia, malattie che richiedono un intervento medico e psichiatrico continuo. Durante questo periodo di chiusura, le pazienti ricoverate saranno temporaneamente dimesse e seguiranno un percorso di assistenza in ambulatorio. Bevivino ha messo in guardia riguardo le possibili escalation gravi delle condizioni di salute delle pazienti, evidenziando che i disturbi alimentari sono patologie estremamente delicate.
Una situazione critica per l’assistenza sanitaria
Il Lazio, come ha evidenziato Bevivino, presenta un numero limitato di posti letto per i disturbi alimentari, culminando in lunghe attese per i pazienti. La scarsa disponibilità di strutture pubbliche capaci di affrontare efficacemente tali patologie ha comportato liste d’attesa per le prime visite che superano i nove mesi. Una volta afferenti al circuito di cura, le pazienti possono affrontare itinerari terapeutici prolungati, che si estendono anche per anni. Le famiglie si trovano quindi a fronteggiare una situazione drammatica, con il rischio che le necessità urgenti della donna o del ragazzo vengano trascurate nel periodo di chiusura del reparto.
L’aumento dei casi e la necessità di un miglioramento dei servizi
Un quadro allarmante post-Covid
Negli ultimi anni, e in particolare nel periodo post-Covid, è emersa un’impennata nei casi di disturbi alimentari tra i più giovani. Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, ha riconosciuto questa emergenza e l’ha posta come una delle priorità del suo mandato. Nonostante ciò, il numero di posti residenziali è rimasto ridotto. Attualmente, oltre a 30 posti disponibili in tre strutture private accreditate, ci sono soltanto 10 posti residenziali al Santa Maria della Pietà e un numero molto limitato al Policlinico Umberto I, al San Giovanni e all’ospedale pediatrico Bambino Gesù.
Carenza di servizi e liste d’attesa insostenibili
La crescente richiesta di assistenza da parte dei pazienti con disturbi alimentari evidenzia una mancanza di servizi adeguati nel Lazio. Le liste d’attesa per accedere a cure specifiche possono variare da 10 a 12 mesi, rendendo ancora più critica la situazione nel momento in cui un reparto essenziale come quello del Policlinico Umberto I decide di chiudere per un mese. Bevivino ha denunciato che è inaccettabile chiudere uno dei pochi reparti attrezzati ad affrontare queste gravi patologie, specialmente in un momento in cui la domanda è in forte crescita.
Il supporto delle strutture durante la chiusura
Rassicurazioni dalla direzione sanitaria
Malgrado la chiusura temporanea, la direzione sanitaria del Policlinico Umberto I ha assicurato che le prestazioni ai pazienti non verranno compromesse. Le emergenze verranno gestite attraverso il reparto di Nutrizione Clinica, già utilizzato per assistere i pazienti con problemi di salute complessi. Il reparto di degenza ordinaria per i Disturbi Alimentari, che conta solo 4 posti letto, è stato temporaneamente chiuso, spostando le attività in altre unità del Policlinico.
Continuità dei servizi: ambulatorio e day hospital attivi
Per garantire continuità nell’assistenza, il day hospital e l’ambulatorio rimarranno operativi anche durante il mese di chiusura. Questa decisione di razionalizzare le risorse risponde alla necessità di mantenere un alto livello di assistenza e di garantire che le pazienti ricevano le cure necessarie, anche in un periodo di ferie per il personale medico e infermieristico. La situazione complessiva richiede un attento monitoraggio per affrontare le sfide crescenti legate ai disturbi alimentari in un contesto di emergenza sanitaria.