L’operazione di polizia di stamattina ha portato all’arresto di Maurizio Virente, il noto reggente del clan Mazzarella. Nonostante fosse agli arresti domiciliari, Virente continuava a muovere i fili del clan dal suo rifugio nel quartiere Vasto di Napoli. Questo episodio segna un ulteriore colpo ai gruppi malavitosi attivi nell’area, già recentemente coinvolti in conflitti interni. La situazione rimane di grande attualità e preoccupa i residenti del quartiere.
Arresto e dettagli dell’inchiesta
La cattura di Maurizio Virente è avvenuta in mattinata, insieme a cinque suoi fedelissimi: Raffaele Bove, Salvatore Ricciardi, Vincenzo Basso, Felice Ferretti e Maria Febbraio. Questi ultimi erano già stati messi sotto indagine in relazione a precedenti conflitti tra famiglie della camorra, in particolare lo scontro tra i Ferretti, legati ai Mazzarella, e i Cipolletta. Questo nuovo sviluppo segna un’importante tappa nell’operazione che ha avuto inizio due settimane fa, rivelando la permeabilità del clan nella vita quotidiana del quartiere.
Maurizio Virente è un personaggio noto nell’ambiente camorrista, imparentato con Antonietta Virenti, vedova del defunto boss Vincenzo Mazzarella, noto anche come “o’ pazzo”, che ha perso la vita in carcere nel 2014. Nel 2022, Virente e altri membri del clan erano stati arrestati in un maxi blitz che aveva visto coinvolti 24 affiliati; l’operazione aveva puntato a smantellare i vertici dell’organizzazione. Solo nel marzo scorso, Michele Mazzarella, figlio di “zia Antonietta”, ha ricevuto una condanna a 12 anni per vari reati associativi.
La gestione degli affari dal domicilio
Nonostante fosse recluso ai domiciliari, Maurizio Virente non si era mai allontanato dalla gestione della sua organizzazione criminosa. Sfruttando la situazione, convocava a casa sua le vittime di estorsioni e i capi piazza dello spaccio, accumulando debiti da pagare. La sua abitazione, situata in via Parma, nel cuore del rione Vasto, era diventata una vera e propria sede operativa per l’organizzazione, un punto di incontro dove impartire ordini e applicare minacce a chi non rispettava gli accordi.
Le modalità di gestione non solo dimostrano l’indole intraprendente di Virente, ma anche una certa audacia nel continuare le proprie attività malavitose anche in condizioni di restrizione. La polizia ha evidenziato come la criminalità organizzata si adatti e trovi modi alternativi per operare e mantenere il controllo sul territorio.
La prova decisiva: la registrazione video
La cattura di Virente e dei suoi collaboratori è stata facilitata da una video registrazione effettuata da un affiliato al clan. Quest’ultimo, per dimostrare al leader che i suoi ordini venivano eseguiti, ha registrato una conversazione avvenuta all’esterno di una sala scommesse nel quartiere Poggioreale. Nella registrazione, si sentivano le richieste di estorsione da 100.000 euro rivolte al titolare, alla quale avrebbero dovuto sottostare i due complici di Virente.
Questa intercettazione ha rappresentato una prova fondamentale che ha spinto le forze dell’ordine ad agire rapidamente. In un mondo in cui la tecnologia gioca un ruolo cruciale, la registrazione ha portato alla luce le pratiche criminali che la camorra cerca incessantemente di nascondere. Il passaggio delle informazioni, il controllo e la paura generata da queste richieste sono parte di un sistema che continua a generare tensione e insicurezza nel quartiere.
L’arresto di Maurizio Virente e dei suoi associati verrà seguito da ulteriori indagini per approfondire il coinvolgimento del clan Mazzarella in altri crimini e per verificare la rete di colpevoli ancora attiva nella zona. La battaglia contro la malavita organizzata è un percorso in continua evoluzione, dove ogni arresto e ogni prova raccolta rappresentano un passo avanti nella lotta per liberare le comunità dal giogo della camorra.