Il 2024 si sta rivelando un anno difficile per il commercio, con un numero di nuove aperture che non fa altro che evidenziare un trend negativo. L’analisi di Confesercenti mette in luce un quadro preoccupante: in tutto l’anno, sono state fondate appena 23.188 nuove attività nel settore commerciale, mentre le chiusure hanno raggiunto un impressionante e preoccupante numero di 61.634. Questo si traduce in un rapporto di un’apertura ogni tre chiusure, il peggiore degli ultimi dieci anni, e si prospetta una situazione drammatica se il trend non cambia.
I fattori che contribuiscono alla crisi delle imprese
Diversi fattori stanno contribuendo a questa situazione critica nel commercio. La prima causa evidente è il rallentamento dei consumi, che sta generando un clima di incertezza tra i commercianti. Con la spesa dei consumatori che diminuisce, le attività commerciali faticano a mantenere il loro volume d’affari. Questo ha avuto un impatto diretto, rendendo sempre più difficile per le nuove imprese emergere in un mercato già saturo e in perenne contrazione.
In aggiunta, la carenza di credito sta amplificando le difficoltà per gli imprenditori. Le banche, sempre più caute nel concedere prestiti, pongono barriere agli aspiranti imprenditori, rendendo difficile l’avvio di nuove attività . Infine, anche la curva demografica gioca un ruolo cruciale. Il calo della popolazione giovane e le dinamiche migratorie incidono sulla domanda di prodotti e servizi, rendendo il panorama commerciale ancora più fragile.
Se la situazione non cambierà , molti esperti avvertono che potremmo assistere allo svuotamento del mercato commerciale entro il 2034, con il rischio di non avere più aperture di nuovi negozi. Questi temi non fanno altro che ampliare il dibattito su come sostenere il tessuto commerciale italiano, molto spesso composto da piccole e medie imprese.
Le conseguenze della desertificazione commerciale
La desertificazione commerciale, secondo Patrizia De Luise, presidente nazionale di Confesercenti, si sta dimostrando un problema grave non solo per l’economia, ma anche per la società . La chiusura dei piccoli negozi sta smantellando il panorama commerciale tradizionale, un ecosistema che ha storicamente svolto un ruolo fondamentale sia nell’economia locale sia nelle relazioni sociali. La perdita di questi luoghi di incontro e di scambio non può essere sottovalutata, in quanto rappresentano parte dell’identità culturale di molte comunità .
Con l’aumento delle chiusure, si profila una realtà in cui solo pochi attori di mercato, in particolare grandi multinazionali e piattaforme online, avranno il monopolio della distribuzione. Questo non solo limita la varietà di offerte per i consumatori, ma rischia anche di impoverire l’economia locale, poiché i profitti di queste grandi aziende non vengono reinvestiti nel territorio come accade con le piccole imprese. La dipendenza dalle piattaforme online può comportare un abbassamento della qualità del servizio e dell’offerta, a scapito della diversità commerciale e del benessere sociale.
Una riflessione importante emerge da tutto ciò: è essenziale intervenire per invertire questa tendenza e trovare soluzioni che possano sostenere il commercio locale. Il futuro dipende dalla volontà di tutti gli attori coinvolti di affrontare le problematiche attuali con serietà e impegno per rilanciare un settore vitale per l’economia italiana. La risposta a questa crisi sarà fondamentale non solo per le imprese, ma per il tessuto connettivo delle nostre città e comunità .