Arrivano 300 euro in più a mese nello stipendio: ecco chi potrà beneficiare di questa nuova misura introdotta dal Governo.
Il recente emendamento approvato nel Decreto Pa ha portato a un significativo cambiamento per i dipendenti pubblici, in particolare per coloro che operano nei Comuni, nelle Città metropolitane, nelle Province e nelle Regioni. Questo emendamento, approvato giovedì scorso in Commissione alla Camera, prevede un aumento potenziale di stipendio fino a 300 euro lordi al mese, ma non per tutti i lavoratori del settore pubblico, ponendo così l’accento su una questione di equità retributiva che ha persistito nel tempo.
Come funzionerà l’aumento degli stipendi
Da anni, i dipendenti pubblici che lavorano negli enti locali hanno subito una disparità salariale rispetto ai loro colleghi statali, come quelli impiegati nei ministeri, che godono di stipendi più elevati. Questo aumento è visto come un passo importante per riequilibrare le retribuzioni e riconoscere il valore del lavoro svolto da queste categorie di lavoratori, che spesso affrontano sfide significative nel fornire servizi essenziali ai cittadini.
L’emendamento modifica alcune regole di bilancio che avevano limitato la capacità delle amministrazioni locali di intervenire sulle retribuzioni. Ora, le Regioni, Province e Comuni potranno aumentare la componente stabile del Fondo delle risorse decentrate, consentendo una maggiore flessibilità nella gestione dei fondi destinati agli stipendi. Questo cambiamento ha il potenziale di portare a un incremento complessivo di circa 1,5 miliardi di euro per il personale non dirigente dei Comuni e circa 300 milioni per i dipendenti degli altri enti territoriali.

I 382.000 dipendenti comunali senza qualifica dirigenziale, secondo le stime elaborate dal Sole 24 Ore, potrebbero vedere un incremento annuo lordo di circa 3.926 euro, corrispondente a circa 302 euro mensili su 13 mensilità. Tuttavia, è fondamentale chiarire che questo aumento non si applica agli stipendi tabellari, ma piuttosto ad altre voci presenti in busta paga, come indennità e compensi accessori. Ciò significa che, sebbene vi sia un incremento, non tutti i lavoratori potrebbero percepirlo allo stesso modo, e alcuni potrebbero anche restare esclusi da queste misure.
È importante notare che l’aumento di stipendio sarà riservato ai dipendenti pubblici non dirigenti. Coloro che lavorano per le Unioni di Comuni, le Camere di Commercio e altri enti che non rientrano nelle categorie di Comuni, Province o Regioni non beneficeranno di questo incremento. Questo solleva interrogativi su come garantire un trattamento equo per tutti i lavoratori del settore pubblico, a prescindere dalla loro posizione o ente di appartenenza.
La questione dei fondi
Un aspetto cruciale dell’emendamento è la mancanza di uno stanziamento aggiuntivo da parte del Governo. Questo implica che saranno gli enti locali a dover trovare i fondi necessari per implementare gli aumenti salariali. Solo le amministrazioni con bilanci in regola saranno in grado di prevedere un incremento degli stipendi per i propri dipendenti. Questo scenario rischia di creare un divario ancora più ampio tra le diverse amministrazioni locali. Infatti, come evidenziato dai sindacati, l’emendamento potrebbe aggravare le disparità esistenti, favorendo solo quelle amministrazioni che hanno la capacità finanziaria di investire nel personale.
La Fp Cgil ha espresso preoccupazione riguardo a queste dinamiche. Secondo il sindacato, l’emendamento non solo non prevede stanziamenti aggiuntivi, ma potrebbe anche portare a una riduzione della capacità assunzionale degli enti locali. L’aumento del salario accessorio, infatti, potrebbe limitare le possibilità di assunzione di nuovo personale, creando ulteriori problemi nella gestione delle risorse umane.