Un caso di cronaca giudiziaria ha visto la riduzione della condanna per Rosa Fabbiano riguardo all’omicidio e depezzamento della madre ottantacinquenne Lucia Cipriano.
La sentenza d’appello e le circostanze del delitto
La Corte di Assise d’Appello di Milano ha emesso una sentenza riducendo la pena di reclusione di Rosa Fabbiano da 26 a 20 anni. I giudici hanno riconosciuto la prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti, basandosi sull’accusa di avere strangolato la madre e successivamente occultato i resti nel bagno di casa a Melzo, nel Milanese.
Le indagini e le ipotesi sulla dinamica del crimine
Secondo le indagini dei carabinieri e del pm Elisa Calanducci, Fabbiano avrebbe strangolato la madre, presumibilmente per farla smettere di gridare, per poi smembrarne il corpo. L’avvocato difensore ha sostenuto l’ipotesi che il depezzamento sia avvenuto dopo una presunta morte naturale dell’anziana, sottolineando il disagio emotivo della donna di fronte alla perdita materna.
Il contesto di estremo disagio e solitudine
L’imputata, affetta da problemi di salute e in un rapporto difficile con il marito disabile, avrebbe agito in una situazione di estremo disagio, complice la necessità di prendersi cura della madre anziana. L’accusa ha evidenziato la dura realtà dell’assistenza agli anziani in situazioni simili, sottolineando il senso di isolamento e responsabilità di Fabbiano nella gestione delle cure.
La scoperta del cadavere e le riflessioni sulla vicenda
Il corpo di Lucia Cipriano è stato rinvenuto nel bagno dell’abitazione il 26 maggio del 2022 da una delle figlie, giunta da Trento per verificare il silenzio prolungato della madre. L’intera vicenda ha evidenziato non solo il lato oscuro dell’omicidio e del depezzamento, ma anche il peso emotivo e psicologico che ha portato Rosa Fabbiano ad agire in modo tale da sciogliere il tragico enigma di un delitto familiare tanto sconvolgente quanto inspiegabile.
Ultimo aggiornamento il 17 Luglio 2024 da Laura Rossi