Un acceso confronto è emerso recentemente tra la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, collezionista di fama e proprietario della celebre scultura “Forme uniche della continuità nello spazio” di Umberto Boccioni. Quest’opera, parte della mostra “Il tempo del Futurismo” in corso a Roma, è stata al centro di una disputa legata alla didascalia utilizzata per l’esposizione, suscitando preoccupazioni non solo da parte del collezionista, ma anche da esperti e critici d’arte.
La didascalia controversa e le sue ripercussioni
Il cuore del dissidio risiede nel modo in cui l’opera è stata descritta. La didascalia attualmente presente recita: “Surmoulage del 2011 di Forme uniche della continuità nello spazio di Umberto Boccioni”. Bilotti ha espresso indignazione per questa formulazione, che considera “disorientativa e fuorviante”, sostenendo che essa potrebbe compromettere il valore intrinseco dell’opera e portare a danni erariali. La sua denuncia verte sul fatto che la terminologia utilizzata non solo sminuisce l’importanza storica e artistica di questa scultura, ma potrebbe indurre il pubblico in errore riguardo alla vera natura dell’opera.
Il collezionista chiarisce che tutte le opere in bronzo di Boccioni debbano essere interpretate come fedeli riproduzioni, realizzate da stampi originali dell’artista e non come semplici copie. L’uso del termine “riproduzione”, nel contesto attuale, rischia di confondere il pubblico, facendogli credere che si tratti di un’opera di minor valore rispetto ad altre realizzate con l’approvazione dell’autore stesso. Secondo Bilotti, i bronzi di Boccioni, benché definiti “riproduzioni”, hanno una dignità artistica e storica che non dovrebbe mai essere messa in dubbio.
Un appello al dialogo e alla verità storica
Bilotti ha tentato di dialogare con la direzione della GNAM e il comitato scientifico della mostra per correggere la didascalia, considerando questo passaggio fondamentale per il riconoscimento corretto dell’opera. Egli sottolinea che la critica e le istituzioni hanno sempre considerato quest’opera con un appellativo diverso, e che l’attuale dizione non tiene conto delle decisioni passate e delle linee guida stabilite anche dal Ministero della Cultura. Egli ha fatto riferimento al fatto che, in passato, l’opera è stata presentata in importanti sedi internazionali senza mai ricevere un’identificazione fuorviante.
Il collezionista evidenzia come la storia artistica di Boccioni possa essere apprezzata meglio se si tiene conto di eventi significativi come la distruzione dei gessi dopo la sua morte e l’importanza della traduzione della sua idea in bronzo. Bilotti ha quindi lanciato un appello affinché i curatori ripensino alla loro didascalia e sostituiscano il termine “riproduzione” con una descrizione più appropriata, che rispecchi l’importanza e la materialità dell’opera stessa.
La diffida e le richieste per una revisione
Di fronte all’impossibilità di ottenere una risposta soddisfacente alle sue richieste, Roberto Bilotti ha emesso una diffida contro gli organizzatori della mostra, esigendo la modifica della didascalia. Ha indicato che la corretta presentazione dell’opera deve seguire un formato stabilito: il nome dell’artista, il titolo dell’opera, le date di concepimento e di esecuzione, oltre alla tecnica utilizzata. Ha anche sollecitato la sostituzione della descrizione difforme nel catalogo della mostra, avvertendo che la ripetizione della dizione controversa potrebbe aggravare ulteriormente la questione.
Bilotti auspica che ci sia la possibilità di avviare un tavolo tecnico che coinvolga critici e storici dell’arte specializzati, per affrontare la situazione in modo costruttivo e assicurare il rispetto della verità storica e documentale. La questione mette in luce le complesse dinamiche tra collezionisti, storici dell’arte e istituzioni culturali, rivelando l’importanza di mantenere il livello di accuratezza e trasparenza necessario per valorizzare e tutelare il patrimonio artistico.
Ultimo aggiornamento il 11 Dicembre 2024 da Sara Gatti