La recente decisione del Comune di Roma di modificare le didascalie delle targhe stradali nel Quartiere Africano ha sollevato un acceso dibattito tra cittadini e lettori del Corriere. Questo cambiamento, volto a una maggiore attinenza con la storia contemporanea, ha suscitato domande sulle priorità della città e sull’importanza della memoria storica. Le nuove denominazioni, come quella dell’Eritrea, passata da “antico possedimento italiano sul Mar Rosso” a “Paese dell’Africa orientale”, ha sollevato preoccupazioni su come questo possa influenzare la comprensione e la valorizzazione del passato.
Le modifiche alle targhe stradali: quali conseguenze?
Il progetto di decolonizzazione avviato dal Campidoglio prevede una rivisitazione delle didascalie delle targhe per renderle più moderne e in linea con la consapevolezza storica attuale. Gli interventi sono stati annunciati come un passo verso la sensibilizzazione e l’accettazione delle diverse culture che compongono il tessuto urbano di Roma. Tuttavia, questa iniziativa ha generato un caldo dibattito sul ruolo della memoria storica nelle comunicazioni pubbliche.
Critiche sono emerse con forza, come quella espressa da Bruno Telleschi, il quale ha messo in discussione l’efficacia di questa scelta, domandandosi se, per imparare la geografia, si debba necessariamente cancellare la storia. In questo caso, la confusione risiederebbe nel distinguere l’Eritrea contemporanea da quella parte della storia italiana, sollevando interrogativi sul valore didattico e identitario di queste scelte.
Opinioni divise: i lettori si fanno sentire
La rubrica delle lettere del Corriere ha ricevuto numerose comunicazioni da parte dei lettori, evidenziando un panorama di opinioni contrastanti. Alcuni cittadini ritengono che il cambiamento rappresenti una necessaria evoluzione della narrazione storica della città, utile per il riconoscimento delle ingiustizie passate. Al contrario, sono molti coloro che percepiscono questa azione come una cancellazione non solo di termini storici, ma anche dell’identità culturale che essi rappresentano.
Un altro lettore, Lorenzo Ruffini, ha evidenziato una questione pratica, sottolineando come molte delle indicazioni stradali nel centro storico siano in cattivo stato. La sua proposta è di restaurare e ripristinare le iscrizioni originali in travertino, considerandole parte integrante del patrimonio artistico della città. La sua frase, “Il passato ormai è Storia, e la Storia non si scalpella”, invita a riflettere su cosa significhi veramente custodire la memoria storica senza snaturarne il significato.
Un dibattito che scava nella memoria collettiva
La questione delle targhe stradali e la loro modifica non è solo una disputa burocratica, ma un emblematico punto di contatto tra memoria collettiva e necessità di inclusività. Come si evolve la narrativa storica di una città storica come Roma, che ha vissuto vicende di colonizzazione e liberazione? Questo cambio di nome potrebbe riflettere un tentativo di affrontare il passato, pur scatenando reazioni forti da parte di chi ritiene che si tratti di una rimozione più che di un aggiornamento.
Molti si chiedono se il percorso intrapreso dal Comune rispecchi realmente un’idea di civiltà inclusiva oppure se sia una manovra superficiale per silenziare la voce della storia. La voglia di ridefinire i confini simbolici della città potrebbe rivelarsi complessa, rivelando tensioni radicate che meritano una considerazione più profonda.
In questo contesto di trasformazione, il ruolo del cittadino assume rilievo. Il dibattito attorno alla decolonizzazione delle targhe offre un’opportunità per ripensare il modo in cui si narra il passato, ponendosi come un invito aperto a riflessioni più ampie sulla storia condivisa di Roma.
Ultimo aggiornamento il 19 Gennaio 2025 da Donatella Ercolano