Corte d’appello di Genova: condanna per quattro agenti che colpirono il giornalista durante scontri al comizio Casapound

Corte d’appello di Genova: condanna per quattro agenti che colpirono il giornalista durante scontri al comizio Casapound

La Corte d’appello di Genova conferma la responsabilità penale di quattro agenti per l’aggressione illegittima e dolosa al giornalista Stefano Origone durante gli scontri del maggio 2019 a Casapound.
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La Corte d’appello di Genova ha confermato la responsabilità penale di quattro agenti per il ferimento volontario del giornalista Stefano Origone durante gli scontri del maggio 2019 a un comizio di Casapound. - Gaeta.it

Nel maggio 2019, a Genova, si svolsero scontri tra manifestanti antifascisti e polizia durante un comizio di Casapound. In quell’occasione, il giornalista di La Repubblica Stefano Origone rimase ferito a causa dell’intervento dei reparti mobili. La Corte d’appello di Genova ha recentemente chiarito la natura di quell’episodio confermando la responsabilità penale di quattro agenti coinvolti. Le motivazioni della sentenza ripercorrono i fatti e sottolineano l’illegittimità dell’azione dei poliziotti.

il contesto degli scontri e il ferimento di stefano origone

Il 23 maggio 2019, a Genova, durante un comizio organizzato da Casapound, gruppo di estrema destra, scoppiarono violenti scontri tra polizia e manifestanti antifascisti. Il giornalista Stefano Origone, presente per raccontare l’evento, fu al centro di un episodio che suscitò accesi dibattiti. Origone fu raggiunto ripetutamente con manganellate mentre cercava di allontanarsi dalla zona.

Secondo gli atti processuali, al momento degli scontri Origone non assumeva alcun comportamento ostile o di aggressione verso gli agenti. Si trovava tra la folla e, proprio quando le forze di polizia intervennero per disperdere i manifestanti, stava cercando di evitare il contatto. Quel tentativo, però, non fu rispettato dalle forze dell’ordine. Il giornalista cadde a terra dopo un primo colpo, per poi subire altri fendenti da parte di quattro ufficiali.

L’episodio non passò inosservato. Diverse immagini e testimonianze raccolte durante il processo mostrarono la violenza dell’intervento. Le lesioni riportate da Origone, consistenti in diversi traumi, attestavano quanto accaduto. I giudici hanno approfondito ogni aspetto per stabilire se l’azione fosse giustificabile o meno dal punto di vista legale.

le motivazioni della corte d’appello su manganellate e responsabilità

La Corte d’appello di Genova ha definito “illegittimo” l’uso ripetuto dei manganelli da parte dei quattro agenti del reparto mobile nei confronti di Stefano Origone. Nel documento che ufficializza la sentenza di appello bis, si legge che le lesioni devono essere considerate dolose, cioè intenzionali e non accidentali.

I giudici evidenziano come Origone, nel momento in cui subì il primo colpo, stava tentando di allontanarsi. Non c’erano segnali di resistenza o minaccia. Nonostante ciò, gli agenti continuarono a colpire il giornalista con manganelli e calci quando era già a terra. La Corte ha escluso la ricostruzione difensiva presentata dai poliziotti, che sostenevano di aver scambiato Origone per un manifestante in atteggiamento aggressivo.

Non è stato riscontrato alcun elemento concreto che giustificasse questa confusione. Anzi, si tratta di un’aggressione ingiustificata e sproporzionata alla situazione. A sostegno di questa tesi, il primo dirigente Giancarlo Bove intervenne proteggendo Origone con il proprio corpo per fermare gli altri agenti. Questo episodio testimonia lo stato di eccessiva violenza adottato in quel momento.

Il processo ha analizzato ogni fase del fatto, confermando che gli agenti abbiano oltrepassato i limiti del loro ruolo. La responsabilità individuale di ciascuno è stata giudicata grave al punto da richiedere un anno di reclusione, seppur con sospensione condizionale della pena.

il percorso giudiziario, sentenze e ricorsi

Il percorso legale relativo a questo caso si è sviluppato in più fasi. In primo grado, i quattro agenti erano stati condannati a 40 giorni di reclusione con il rito abbreviato, e la giudice aveva qualificato le lesioni come colpose, ovvero senza l’intenzionalità di arrecare danno.

Successivamente, in appello, la sentenza fu modificata in modo sostanziale. La reclusione venne sostituita da una sanzione pecuniaria di 2.582 euro, ridimensionando l’entità del danno e la colpa degli agenti. Questa decisione suscitò polemiche e spinse il sostituto procuratore generale Alessandro Bogliolo a presentare un ricorso alla Corte di Cassazione.

La Cassazione accolse il ricorso e annullò la sentenza di appello, sottolineando che le lesioni andavano considerate dolose e non colpose. La vicenda tornò quindi a processo presso la Corte d’appello di Genova, che nel gennaio 2025 ha emesso la sentenza di appello bis sopra riportata.

Questo procedimento dimostra come il sistema giudiziario abbia affrontato la vicenda con rigore, analizzando con attenzione i comportamenti degli agenti. La sentenza finale riconosce la natura volontaria del danno subito dal giornalista, offrendo una risposta concreta ai fatti accaduti in piazza quell’anno.

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