Il settore dell’assistenza domiciliare integrata per le persone over 65 sta vivendo un momento cruciale. Secondo quanto stabilito dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza , l’obiettivo è quello di incrementare la percentuale di anziani assistiti a domicilio dal 4% attuale al 10% entro il 2026. Un report di Salutequità, presentato oggi a Roma, analizza criticità e come affrontarle per rendere questo traguardo una realtà. Big data, interviste con esperti e stakeholder del settore hanno contribuito ad una visione più chiara della situazione.
Situazione attuale delle regioni italiane
Nel 2023, diverse regioni italiane hanno registrato progressi significativi nell’assistenza domiciliare, in linea con le aspettative del Pnrr. Due di queste, Umbria e Provincia Autonoma di Trento, hanno persino raddoppiato gli obiettivi di assistenza, superando il 200%. Tuttavia, ci sono anche realtà dove i risultati risultano insoddisfacenti. Sicilia, Campania, Sardegna e Calabria hanno mostrato percentuali che ben poco si avvicinano agli obiettivi prefissati, rimanendo attorno all’1% e al 95%.
Le regioni più promettenti nel raggiungere le quote del 2026 comprendono Molise, Abruzzo e Basilicata, con percentuali di assistenza agli anziani che si avvicinano al 7% e oltre. Al contrario, quelle con i tassi più bassi ed una maggiore distanza dall’obiettivo sono Calabria e Sardegna. È evidente come la situazione presenti diverse facce: chi è in campo per migliorare e chi invece sembra fermo al palo.
Criticità nella qualità dell’assistenza
Nonostante la crescita nel numero di anziani assistiti, il livello dell’assistenza rimane un tema critico. Secondo i dati del Ministero della Salute, l’intensità di cura, intesa come quantità di assistenza fornita, è risultata insufficiente. Nel 2022, sei regioni non hanno raggiunto i livelli minimi richiesti. Altre quattro hanno mostrato performance sotto la media per indicatori di intensità di cura più complessi.
In 14 regioni, la qualità dell’assistenza erogata ha evidenziato un dato preoccupante: oltre il 50% delle visite risulta episodico, con il paziente che riceve un’unica visita, senza una continuità nel follow-up. Lombardia e Calabria, in particolare, hanno registrato tassi di utilizzo delle cure che destano preoccupazione. Questi dati mettono in evidenza una mancanza di coordinamento nelle cure, evidenziando l’urgenza di un’efficace gestione delle risorse assistenziali.
L’inefficienza nell’erogazione delle ore di assistenza
Un altro aspetto critico è rappresentato dal numero di ore di assistenza effettivamente garantite agli over 65. Secondo i dati di Crea Sanità, tra il 2018 e il 2023, si è registrata una diminuzione media annuale del 2,6% delle ore di assistenza, scendendo da 18 a circa 15,8 ore per persona. Ci sono notevoli disparità tra le diverse regioni: la Calabria, ad esempio, ha erogato in media oltre 56 ore, mentre in Basilicata le ore sono scese a circa 38.
È emblematico vedere che, nonostante la disponibilità di risorse, i passaggi dall’ospedale alle cure domiciliari non avvengono come previsto. Le ultime statistiche del ministero indicano che solo una piccola percentuale delle dimissioni ospedaliere prevede l’attivazione dell’Adi. Chi esce dall’ospedale si trova spesso senza un piano di follow-up adeguato, lasciando lacune significative nella continuità delle cure.
Ostacoli all’accreditamento e carenza di personale
All’interno del percorso di attuazione delle politiche di Adi, un ulteriore ostacolo è rappresentato dall’accreditamento delle strutture. Le procedure sono risultate complesse e, fino a oggi, sono state completate in sole tre regioni. Inoltre, la carenza di personale infermieristico è allarmante: secondo il Ministero della Salute, il numero di infermieri di famiglia e di comunità nel 2022 è stato di appena 1.464, ben al di sotto del fabbisogno stimato.
C’è una netta differenza tra le varie aziende sanitarie locali, con percentuali di assistenza sociale e operatori sociosanitari molto basse nelle regioni del Sud. Questo scenario mette in evidenza la necessità di riforme urgenti per garantire un funzionamento adeguato delle strutture assistenziali.
Verso un miglioramento effettivo dell’Adi
Tonino Aceti, presidente di Salutequità, ha espresso preoccupazione riguardo alla qualità delle cure. Secondo lui, se non si supera il modello prestazionale attuale non sarà possibile garantire una assistenza adeguata a chi ne ha bisogno. Il rischio è non solo di lasciare indietro i pazienti più vulnerabili, ma anche di fallire nel raggiungimento degli obiettivi europei.
Il messaggio è chiaro: ci devono essere investimenti per assicurare non solo un aumento della quantità di assistenti a casa, ma anche per garantire standard di qualità più elevati. La tecnologia, ad esempio, dovrà entrare nella pratica quotidiana per semplificare e migliorare i servizi. Da qui, la necessità di accrescere rapidamente il Fondo sanitario nazionale per evitare crisi future.
Il panorama dell’assistenza domiciliare integrata per gli over 65 è dunque ricco di sfide e opportunità. Le scelte di oggi determineranno il futuro del servizio sanitario, influenzando la vita di molti italiani.