Il mondo artigiano italiano continua a subire una profonda crisi evidenziata dalla costante diminuzione del numero degli artigiani presenti sul territorio. Un rapporto tra i dati dell’INPS e quelli di Infocamere/Movimprese mostra un crollo preoccupante del personale attivo, con oltre 410.000 unità di differenza tra il 2012 e il 2023. Questa situazione non solo mina la tradizione artigiana, ma pone seri interrogativi sull’accessibilità ai servizi di base nelle diverse comunità.
l’influenza dei dati storici sull’artigianato
Un calo preoccupante
Nel 2012, l’Italia registrava circa 1.867.000 artigiani, comprendendo titolari, soci e collaboratori familiari. Oggi, nel 2023, il numero è sceso a circa 1.457.000. Questa contrazione non è solo quantitativa, ma porta con sé anche una considerazione qualitativa riguardo alla capacità del sistema artigiano di rispondere alle esigenze del mercato e della società. Solo nell’ultimo anno, si sono persi quasi 73.000 posti, un dato che preoccupa le associazioni di categoria e le istituzioni.
Un settore esposto e vulnerabile
Questa progressiva diminuzione è stata interrotta temporaneamente solo nell’anno post Covid-19, con un incremento di circa 2.325 artigiani tra il 2020 e il 2021. Tuttavia, se questa tendenza negativa persiste, tra un decennio potremmo trovarci nell’impossibilità di reperire figure professionali fondamentali come idraulici, elettricisti e fabbri, essenziali per la manutenzione degli spazi in cui viviamo e lavoriamo. La situazione è stata analizzata dall’Ufficio studi della Cgia, che sottolinea l’urgenza di affrontare una problematica che non interessa solo il mercato del lavoro, ma anche la qualità della vita nei centri urbani.
il decremento delle aziende artigiane
Un panorama desolante
I dati di Infocamere/Movimprese evidenziano ulteriormente la difficoltà del settore: nel 2008, anno di massimo splendore per le imprese artigiane, erano circa 1.486.559. Nel 2023 le aziende artigiane attive sono scese a 1.258.079. Tale diminuzione può essere parzialmente attribuita ai processi di aggregazione e acquisizione che hanno costretto molte piccole realtà a unire le forze per fronteggiare le crisi economiche susseguitesi negli ultimi anni. Tuttavia, questo ha anche portato a un incremento della dimensione media delle imprese e della produttività in alcuni comparti.
Crescita della dimensione media, ma la qualità è in pericolo
Sebbene l’unione di piccole aziende possa portare vantaggi in termini di produttività, la perdita di piccole botteghe artigianali ha un impatto significativo sul panorama urbano e sulla storia culturale che esse rappresentano. Molte attività storiche, come calzolai e falegnami, sono ormai scomparse dai nostri quartieri, lasciando un vuoto difficile da colmare. La mancanza di un’efficace pianificazione formativa e di un adeguato orientamento scolastico ha inciso sulla capacità dei giovani di valutare positivamente le professioni artigiane.
la svalutazione del lavoro manuale
Professioni che perdono valore
Negli ultimi decenni, molte professioni manuali hanno subito una svalutazione culturale che ha allontanato le nuove generazioni dall’artigianato. Un rapporto sorprendente si evidenzia quando si confrontano i numeri degli avvocati e degli idraulici: circa 237.000 avvocati contro 180.000 idraulici. Questo disbalance riflette anche il fenomeno della “fuga dei cervelli”, che ha portato alla mancanza di figure professionali tecniche strategiche.
Opportunità e sfide future
Oggi, il settore necessita di un cambio di mentalità, che possa invertire la rotta e rivalutare il lavoro manuale. Necessitiamo di imponenti investimenti nell’orientamento scolastico, per riportare gli istituti professionali al centro della formazione. Solo così sarà possibile rispondere alle richieste del mercato e rimediare alla mancanza di personale qualificato.
trasformazioni nei centri urbani e nella vita quotidiana
Un paesaggio in mutamento
La diminuzione degli artigiani si riflette visibilmente nelle nostre città, dove le botteghe storiche e i negozi di vicinato stanno scomparendo. Le insegne rimaste chiuse per lungo tempo sono simboli di un degrado urbano crescente. Queste botteghe non sono solo locali commerciali, ma rappresentano un’essenza comunitaria, il cuore pulsante di un quartiere.
La questione sociale ed economica
La scomparsa dei negozi artigiani aumenta il degrado e decrementa la qualità della vita nelle comunità urbane. Con minori luoghi di socializzazione e un crescente senso di insicurezza, si penalizzano i residenti, in particolare gli anziani, privati di servizi basilari. Per molti over 70, l’assenza di negozi vicini rende difficile effettuare acquisti, aggravando il rischio di isolamento.
analisi settoriale e territoriale
Settori in controtendenza
Nonostante la crisi generale, alcuni comparti artigiani, come quello del benessere e dell’informatica, mostrano segnali di crescita. Professioni come acconciatori, estetisti, e esperti di social media sono in aumento. Questo suggerisce che, in un contesto di crisi, ci sono opportunità di sviluppo per aree specifiche, in grado di attrarre giovani professionisti.
Variazioni territoriali significative
Esaminando i dati provinciali, Vercelli si distingue per la riduzione più marcata con un -32,7%, seguita da Rovigo e Lucca. D’altro canto, le province con cali più contenuti includono Napoli e Trieste. Tali differenze meritano attenzione, poiché indicano una distribuzione disomogenea dei segni di crisi tra le varie regioni italiane, con Lombardia e Emilia Romagna che registrano le perdite più significative in termini assoluti.