L’anno 2024 segna un momento critico per la produzione manifatturiera italiana, un punto di riferimento dell’economia nazionale. Secondo un rapporto del Centro studi Cub, si sta assistendo a un calo significativo e inaspettato in diversi settori, tra cui moda, tessile e automotive. Questa situazione ha portato a un crescente uso della Cassa integrazione guadagni , evidenziando gravi problemi all’interno di un comparto che fino a poco tempo fa era considerato il fiore all’occhiello dell’imprenditoria nostrana.
Crisi profonda nei settori moda e automotive
La crisi colpisce in modo particolare il settore moda e tessile, con un crollo a due cifre previsto per il 2024. I dati sono allarmanti: il ricorso alla Cig ha raggiunto i 507 milioni di ore, di cui ben 426 milioni provengono proprio dal settore manifatturiero. Le ore di Cig nel settore pelle e pelletteria hanno visto un incremento impressionante del 140%, mentre l’abbigliamento e il tessile seguono con aumenti rispettivamente del 125% e del 75%. Questi numeri pongono interrogativi seri riguardo alla sostenibilità e alla salute dell’intero settore.
Anche il comparto automotive non se la passa bene. La produzione è diminuita di oltre il 42%, con un conseguente calo delle esportazioni del 22%. La bilancia commerciale per questo settore evidenzia un deficit pesante di 15 miliardi. Nonostante le immatricolazioni in Italia siano diminuite solo dello 0,5%, il principale produttore nazionale, Stellantis, ha visto un crollo verticale: solo 475.000 veicoli prodotti, con un decremento del 36% rispetto all’anno precedente. Le auto prodotte si sono ridotte a sole 283.000 unità, un ritorno a livelli di produzione mai visti dal 1956.
Immatricolazioni e performance del gruppo Stellantis
Il calo della produzione si traduce in una significativa perdita di quote di mercato per Stellantis. Nel 2024, il gruppo ha visto ridursi la sua partecipazione sotto il 30%, perdendo tre punti sul mercato italiano. Gli stabilimenti, in particolare quelli ex-Fiat, hanno registrato cali allarmanti: Mirafiori ha visto una diminuzione del 70%, Melfi del 63%, Cassino del 45% e Pomigliano del 22%. Persino marchi storici come Maserati di Modena hanno subito un crollo drammatico del 79% nella produzione.
Questi dati non solo mettono in evidenza la fragilità del settore automotive, ma pongono anche interrogativi più ampi riguardo all’occupazione e all’impatto economico più generale. L’automotive ha un’importanza notevole sul PIL italiano, contribuendo tra il 5 e il 6%, e occupando circa 270.000 persone tra posti diretti e indiretti.
Necessità di investimenti e innovazione tecnologica
In un contesto così difficile, le parole di Walter Montagnoli, segretario nazionale del sindacato, risuonano forti. Secondo Montagnoli, l’industria non potrà recuperare dalla crisi attuale senza un salto tecnologico e produttivo significativo. È imperativo sostenere finanziamenti pubblici orientati al rilancio della produzione e alla riconversione del settore, piuttosto che destinare risorse a sostenere profitti privati ottenuti tramite riduzioni di personale e chiusure strategiche.
La transizione verso un modello di trasporto più sostenibile deve essere supportata da investimenti concreti nella tecnologia per ridurre i costi e migliorare l’accessibilità economica. Il tempo per un cambiamento radicale è adesso. La situazione è critica e richiede decisioni incisive dai leader industriali e politici per spronare il settore verso una vera ripresa.
Ultimo aggiornamento il 1 Febbraio 2025 da Sofia Greco