In un’importante svolta nel caso “Ducale” che ha scosso il panorama politico calabrese, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Questo atto legale mirava ad ottenere l’arresto del consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Giuseppe Neri, e del consigliere comunale del Partito Democratico, Giuseppe Sera. Entrambi sono accusati di scambio elettorale politico-mafioso, un reato grave che solleva interrogativi sulla corruzione e sulla criminalità organizzata nella regione.
Dettagli sull’inchiesta “Ducale”
L’inchiesta “Ducale” ha portato alla luce presunti legami tra politici locali e la cosca Araniti. Le indagini si concentrano sulle elezioni regionali del 2020 e comunali del 2021, eventi durante i quali si sospetta che i due consiglieri abbiano ricevuto sostegno illegittimo da parte della criminalità organizzata. Il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria aveva già negato in passato la misura cautelare, decidendo che non sussistessero i presupposti per l’arresto di Neri e Sera.
Neri, difeso dagli avvocati Nico D’Ascola e Antonino Curatola, è stato coinvolto nell’inchiesta a causa di presunti rapporti con esponenti di spicco della cosca Araniti. Dall’altro lato, Sera, assistito dall’avvocato Sergio Laganà , è accusato di aver ottenuto il supporto della cosca alle elezioni comunali nel 2020. La Cassazione, confermando le decisioni precedenti, ha stabilito che le motivazioni per un arresto non erano sufficientemente fondate.
Le decisioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte non si è limitata a riferirsi ai due politici; ha anche confermato le sentenze del Riesame riguardanti il presunto boss Domenico Araniti e suo genero Daniel Barillà . I legali di Araniti, Giovanna Araniti e Marco Gemelli, hanno ottenuto un’importante vittoria legale, poiché i pm avevano richiesto l’arresto del boss per gli stessi reati di scambio elettorale ma questa misura è stata rifiutata dal gip e dal Riesame. Araniti è già in carcere per associazione mafiosa, ma le accuse specifiche di scambio elettorale non hanno trovato il supporto necessario per proseguire in sede penale.
Per quanto riguarda Daniel Barillà , la sua posizione risulta particolarmente complessa. Considerato il presunto collegamento tra i politici coinvolti e la cosca di Sambatello, anche per lui era stata richiesta una misura cautelare, che è stata rigettata. Queste decisioni della Cassazione riflettono le complessità dei procedimenti legali che affrontano i crimini associativi, ponendo l’accento sulle difficoltà che gli inquirenti incontrano nell’assicurare i responsabili alla giustizia.
Implicazioni per la politica calabrese e oltre
La vicenda ha suscitato reazioni nel mondo politico e sociale, evidenziando come la criminalità organizzata possa influenzare le elezioni e le istituzioni locali. L’assenza di misure cautelari per i politici coinvolti rende evidente come la percezione di legalità e integrità nel governo regionale sia messa a repentaglio. Le accuse di scambio elettorale politico-mafioso non solo colpiscono le carriere individuali dei politici, ma pongono domande più ampie sulla salute della democrazia in Calabria.
Queste dinamiche stanno generando preoccupazione tra i cittadini, che chiedono maggiore trasparenza e responsabilità da parte dei loro rappresentanti. Si attende ora di vedere come si svilupperà questa situazione, con gli occhi puntati sulla possibilità di nuove indagini e su eventuali misure legislative che possano migliorare la sicurezza elettorale e contrastare più efficacemente l’influenza della mafia nella politica locale.