Un’accusa grave e profondamente toccante ha scosso l’opinione pubblica, portando alla luce una situazione allarmante che riguarda la gestione delle salme presso l’ospedale di Chivasso. Maria Teresa Citro, figlia di Caterina Peluso, deceduta a 85 anni lo scorso 2 maggio, ha denunciato le condizioni inaccettabili in cui è stata lasciata la salma di sua madre. Questo caso solleva interrogativi critici sul rispetto della dignità delle persone decedute e sulla qualità del servizio sanitario.
La denuncia della famiglia Peluso
Le parole di Maria Teresa Citro rivelano dettagli agghiaccianti su ciò che è accaduto nella camera mortuaria dell’ospedale. Secondo il suo racconto, il corpo di sua madre è rimasto per quattro giorni esposto e trascurato, coperto solamente da una canottiera su un lenzuolo sporco. Gli odori e la scena raccapricciante hanno segnato indelebilmente la memoria della familiare, che ha dichiarato: “Ricordo ancora l’odore entrando in quel luogo”. Questi passaggi toccano le corde più sensibili legate alla gestione delle salme e al trattamento delle famiglie in lutto.
Maria Teresa ha raccontato come, quando finalmente lei e le sue sorelle sono riuscite a vedere la salma il 7 maggio, le condizioni in cui versava la madre hanno suscitato uno sconvolgimento profondo. Il corpo presentava un colorito preoccupante e segni di deterioramento, un fatto che non solo ha scosso profondamente la famiglia, ma ha anche messo in discussione l’operato e le procedure seguite dal personale sanitario.
Le accuse mosse dalle sorelle Peluso non si fermano al mero abbandono della salma. Esse si concludono nei dettagli sul mancato rispetto delle procedure igieniche basilari, ponendo l’accento sul fatto che le pratiche dovrebbero garantire la dignità anche ai defunti. Questo caso ha trasformato il dolore privato in un pubblico dibattito sul trattamento delle salme in ospedali e case di cura.
Le misure legali intraprese
In risposta a quello che considerano un oltraggio indegno, le sorelle hanno deciso di agire legalmente, presentando un esposto alla Procura di Ivrea contro l’ASL TO4. In questo documento si denunciano reati come il vilipendio di cadavere e si segnalano gravi carenze procedurali nella gestione della salma e del processo di commiato. Le sorelle Peluso evidenziano il divieto di accesso alla camera mortuaria, affermando che i familiari avrebbero dovuto avere la possibilità di salutare la propria madre. Questo divieto appare anche come una violazione del protocollo esposto all’ingresso, che indicava la possibilità di accesso dal lunedì al venerdì.
Le accuse sollevate dalle figlie mirano a mettere in luce non solo le specifiche mancanze riscontrate, ma anche una più ampia questione di rispetto e dignità nei confronti delle persone che hanno perso la vita. Maria Teresa ha descritto l’ingiustizia subita dalla sua famiglia come un gesto che colpisce direttamente la memoria di Caterina e il processo di lutto delle sorelle, rimarcando come una simile gestione non debba ripetersi.
La reazione della direzione ospedaliera
In risposta alle accuse e alle risonanze mediatiche, il direttore dell’ospedale di Chivasso, Rita Ippolito, ha difeso la struttura. In una nota ufficiale, ha affermato che la salma è sempre stata conservata in condizioni appropriate, cioè all’interno della cella frigorifera. Ha anche sottolineato il fatto che i protocolli di conservazione della salma sono stati seguiti con attenzione, rimarcando come il deterioramento del corpo sia un processo naturale, aggravato dalla patologia a cui Caterina Peluso è stata soggetta.
Nel contesto di questa giustificazione, il direttore ha espresso vicinanza alla famiglia, ma ha insistito sul fatto che le accuse di negligenza siano infondate. Questo scambio ha aperto un importante dibattito sulla trasparenza e la responsabilità all’interno delle strutture sanitarie, riguardando non solo questo caso specifico, ma anche il modo in cui altre situazioni simili potrebbero essere gestite.
Un dibattito aperto sulla dignità dei defunti
Questa triste vicenda ha sollevato questioni cruciali riguardo alla dignità dei defunti e alla sensibilità con cui il sistema sanitario deve trattare i corpi di chi non c’è più. La forte dichiarazione dell’avvocato Alessia Falcone, che assiste le sorelle Peluso, mette in evidenza l’importanza di non solo ricercare giustizia per Caterina, ma anche di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle carenze strutturali che possono portare a situazioni simili.
La denuncia delle figlie di Caterina Peluso invita a una riflessione critica su come queste pratiche debbano essere migliorate per garantire che ogni persona, anche dopo la morte, riceva un trattamento rispettoso e dignitoso. Un tema che tocca le corde emotive della società e richiede attenzione e azioni concrete per evitare che episodi di questo genere si ripetano in futuro. Le sorelle non si fermano alla ricerca di giustizia per ciò che hanno vissuto, ma si battono affinché altri non subiscano simili esperienze dolorose.
Ultimo aggiornamento il 28 Novembre 2024 da Elisabetta Cina