Un’iniziativa senza precedenti ha preso piede nell’azienda sanitaria veneziana, trasformando sei detenuti dell’istituto penitenziario maschile di Venezia in operatori per il servizio di prenotazione delle visite mediche e degli esami. Questi uomini, assunti a tempo parziale dal Centro Unico di Prenotazione dell’Ulss 3, hanno l’opportunità di contribuire attivamente al sistema sanitario, mentre scontano le loro pene. L’idea mira a rieducare i detenuti e a reintegrarli nella società, offrendo un servizio utile ai pazienti.
Un progetto di reinserimento sociale
L’iniziativa è stata avviata dalla Casa circondariale di Santa Maria Maggiore, che ha collaborato con l’Ulss 3 Serenissima e il consorzio incaricato della gestione del servizio di prenotazione. A fronte di una selezione che ha coinvolto circa 270 detenuti, i sei prescelti rappresentano un gruppo eterogeneo di uomini tra i 25 e i 45 anni, alcuni dei quali con una laurea o con skill informatiche avanzate. La presenza di professionisti nel settore tecnico e formativo è stata fondamentale per garantire un’impostazione efficiente al servizio.
Un’area all’interno del carcere è stata adattata e attrezzata come un piccolo ufficio del Cup, dotata di computer, software, e strumenti necessari per gestire le prenotazioni. I detenuti lavorano su quattro postazioni: tre sono riservate a loro, mentre una è dedicata a un operatore esperto che li segue durante le operazioni quotidiane.
Sperimentazione positiva: un nuovo giro di prestazioni
Negli ultimi dieci giorni di lavoro, i nuovi centralinisti hanno iniziato le loro attività occupandosi delle prenotazioni degli esami di laboratorio. L’andamento di questo periodo di prova è stato valutato positivamente dal direttore generale dell’Ulss 3, Edgardo Contato, il quale ha dichiarato di essere soddisfatto del modo in cui i detenuti abbiano affrontato questo nuovo compito. Sarà in un futuro prossimo che potranno gestire anche una parte dell’agenda delle prenotazioni, che conta quotidianamente circa 6.000 nuovi appuntamenti.
Il Cup non si limita ad assegnare le visite per l’attività specialistica sanitaria, ma rappresenta anche un canale di socializzazione per i detenuti. In questo modo, il progetto ambisce a curare le persone a casa e a offrire opportunità all’interno del carcere, contribuendo al benessere dei detenuti. Svolgendo questo lavoro, i detenuti riescono a mantenere un legame con il mondo esterno, evidenziando una rieducazione che va oltre la mera detenzione.
Un’iniziativa di crescita e responsabilità
Il direttore del carcere, Enrico Farina, ha manifestato il suo orgoglio per questa iniziativa, sottolineando l’importanza dell’attività rieducativa per i detenuti. Questa nuova opportunità non solo promuove competenze professionali, ma favorisce anche un contesto lavorativo che rimarca la responsabilità e il valore del loro operato. La responsabile della Sanità penitenziaria, Marina Paties, ha messo in evidenza come il ruolo dei detenuti vada al di là della semplice assistenza sanitaria, poiché sono coinvolti in un lavoro di responsabilità. La loro partecipazione contribuisce al “buon stare”, un aspetto fondamentale per garantire una prospettiva di reinserimento.
L’iniziativa del Cup rappresenta un passo avanti significativo nella progettazione di attività lavorative all’interno delle strutture penitenziarie. Con una visione chiara e determinata, il sistema sanitario e quello penitenziario si uniscono per offrire un servizio sociale che produce benefici per tutti gli individui coinvolti.
Ultimo aggiornamento il 19 Dicembre 2024 da Sofia Greco