Nell’era della mobilità globale, la questione dell’abitabilità e della discriminazione continua a colpire molte persone, in particolare coloro che, per origine etnica o fede religiosa, si trovano a dover affrontare pregiudizi insostenibili. Questo è il caso di Sghaier Ben Abdallah, un benzinaio tunisino che vive a Modena da oltre vent’anni e che, nonostante un lavoro stabile e un contratto a tempo indeterminato, si trova in una situazione precaria. La sua esperienza nella ricerca di un appartamento evidenzia le barriere che alcune comunità devono affrontare.
La lotta per un’abitazione
Un inquilino invisibile
Sghaier Ben Abdallah, 48 anni, ha intrapreso la sua ricerca di un appartamento all’inizio del 2024, desideroso di trovare una casa tutta per sé. Attualmente vive con sei coinquilini in una situazione che mette a dura prova la sua serenità e il suo equilibrio. Con un lavoro ben retribuito come benzinaio, ha tutte le carte in regola per poter affittare un’abitazione. Ma, come ha rivelato in un’intervista, la sua ricerca si è trasformata in una vera e propria odissea. “Ho cercato in circa settanta appartamenti,” ha dichiarato Sghaier, sottolineando come molti proprietari interrompessero immediatamente la conversazione, una volta che si accorgevano che il suo nome non suonava italiano.
La frustrazione di Sghaier è palpabile. “Non mi aspettavo una ricerca così complicata,” ha aggiunto, facendosi portavoce di molti stranieri che si trovano nella sua stessa situazione. Il suo desiderio è semplice: un appartamento di medie dimensioni, senza pretese particolari. Tuttavia, il clima di discriminazione lo ha portato a interagire con proprietari che, fin dal primo contatto, manifestano il loro rifiuto nei suoi confronti, spesso utilizzando scuse trasparenti.
Pregiudizi e rifiuti
Le risposte che ha ricevuto nel corso della sua ricerca sono state a dir poco allarmanti. Sghaier ha raccontato di avere sentito, persino, rifiuti espliciti dovuti al colore della sua pelle e alla sua religione musulmana. “Mi è stato detto chiaramente che non volevano musulmani in casa. È stata una situazione davvero avvilente,” ha commentato, sottolineando come questo tipo di discriminazione non faccia parte solo della sua esperienza, ma sia un fenomeno ampiamente riconosciuto in molteplici contesti abitativi. Nonostante tutti i suoi sforzi e la stabilità lavorativa, Sghaier si sente spesso come un “inquilino invisibile”, escluso a priori dal mercato degli affitti.
Questa situazione non solo compromette la sua qualità della vita, ma ha anche un impatto sull’intera comunità, contribuendo a creare un clima di sfiducia e divisione nella società multietnica di Modena. In un contesto di emergenza abitativa, dove molte persone cercano disperatamente un tetto sopra la testa, la scarsa disponibilità di appartamenti disponibili rende la questione ancora più acuta.
Una speranza in una sistemazione temporanea
Un rifugio non permanente
Recentemente Sghaier è riuscito a trovare una sistemazione temporanea presso la Casa dei Colori di Modena, un albergo che offre 33 camere singole dotate di bagno privato. Qui gli inquilini condividono spazi comuni come cucina e lavanderia, una soluzione che, sebbene provvisoria, offre a Sghaier una certa stabilità. Tuttavia, questo tipo di sistemazione non è la risposta definitiva alla sua ricerca di una casa, e la ricerca non è finita.
Spero di non dover più sopportare le umiliazioni del passato, ha dichiarato Sghaier, riflettendo sull’importanza di ricevere rispetto e dignità durante la ricerca di un’abitazione. La sua esperienza evidenzia la necessità di affrontare il problema della discriminazione abitativa con urgenza, affinché situazioni simili possano essere risolte e non compromettano più la vita di persone come Sghaier.
In una città come Modena, colpita da un’emergenza abitativa, la storia di Sghaier Ben Abdallah è rappresentativa di una realtà che racconta non solo la difficoltà di trovare un appartamento, ma anche il peso di pregiudizi che devono essere sradicati. La sua speranza è quella di trovare un proprietario che possa giudicarlo per ciò che è e non per il colore della sua pelle o la sua fede, e che la sua ricerca si concluda positivamente, affinché possa finalmente sentirsi a casa.